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ARAER - Associazione Regionale Allevatori Emilia Romagna 
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Asta delle bovine nate e allevate

nel Comprensorio del Parmigiano Reggiano,

venduti tutti i capi a quotazioni elevate





Bologna, 25 febbraio 2018 – Ancora una volta gli allevatori, con le loro splendide bovine da latte, sono stati i grandi protagonisti dell’Asta riservata al bestiame nato e allevato all’interno del Comprensorio del Parmigiano Reggiano, svoltasi sabato 23 febbraio presso la Stalla ex Centro tori del Consorzio agrario provinciale di Parma.

L’iniziativa è stata organizzata come sempre dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna in collaborazione con il Consorzio agrario di Parma e ha registrato una massiccia partecipazione di operatori, interessati alla compravendita dei migliori esemplari di bovine in lattazione, ognuna con una produzione di latte giornaliera oscillante tra i 30 e i 40 litri.

“Tutti i soggetti in esposizione sono stati venduti – dichiara soddisfatto il direttore di Araer, Claudio Bovo - con quotazioni ben superiori alla base d’asta. Questo dimostra non solo la validità dell’iniziativa, ma soprattutto mette in evidenza la necessità di un confronto tra allevatori che dalle nostre parti, rispetto al passato, si era perduto. Il fatto poi che il bestiame che ha sfilato nel ring rappresenti i più eccellenti risultati ottenuti dal miglioramento genetico della razza è un ulteriore valore che si aggiunge a consuntivo di un bilancio decisamente positivo. La redditività delle aziende che producono per il Parmigiano Reggiano sta registrando un andamento favorevole, ma i problemi non mancano. Pensiamo solo alla perdurante siccità di questi ultimi due mesi che potrebbe pregiudicare le imminenti semine, il cui raccolto è destinato all’alimentazione delle bovine. Senza dimenticare l’impegno riguardo gli aspetti sanitari e normativi che da parte degli allevatori richiede un’attenzione sempre costante e aggiornata”.

Calato il sipario su questa quarta edizione dell’Asta delle bovine nate e allevate nel Comprensorio del Parmigiano Reggiano, e alla luce del successo registrato, già si pensa al prossimo appuntamento che si terrà a breve e al quale gli organizzatori stanno già lavorando.


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25/02/2019, 16:48
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Polizze assicurative,

per il mondo agrozootecnico sono una necessità

L’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) ha organizzato a Parma, presso la sede del Consorzio agrario provinciale, un incontro per illustrare tutti i vantaggi delle coperture assicurative previste per le aziende agricole. I premi da versare godono di un contributo pubblico statale e comunitario. Nel 2018 Araer ha assicurato 353 aziende di bovine da latte per un totale di 112.507 capi di bestiame

Bologna, 5 aprile 2019 – Una necessità. Le polizze assicurative in zootecnia, come in agricoltura, oggi più che mai rappresentano un’esigenza a cui gli allevatori, come gli agricoltori per le coltivazioni dei propri terreni, non possono più rinunciare.

Un tema di grande attualità dunque, che è stato affrontato durante un incontro svoltosi il 4 aprile scorso presso il Consorzio agrario di Parma, organizzato dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) in collaborazione con Condifesa dell’Emilia e Assicap.

“Era necessario promuovere questo nuovo appuntamento – ha sottolineato Claudio Bovo, direttore di Araer – perché sul tema delle coperture assicurative destinate alle aziende zootecniche e alle produzioni animali non sempre le informazioni che arrivano agli allevatori sono chiare ed esaustive. Araer vuole farsi carico anche di questo argomento e lo ha inserito nel lungo elenco di servizi offerti ai suoi associati, a dimostrazione del fatto che un’organizzazione come la nostra non si limita a effettuare i controlli funzionali su latte e carne, per quanto molto importanti, ma nel pieno rispetto della libertà di scelta dell’allevatore si propone come interlocutore privilegiato nella fornitura di servizi, soluzione di problemi, suggerimenti migliorativi per la redditività aziendale”.

La normativa attualmente in vigore prevede che in materia di smaltimento delle carcasse il premio assicurativo a carico dell’allevatore sia coperto al 50% da un contributo statale, percentuale che aumenta al 70% in presenza di abbattimenti forzosi e mancato reddito causato da epizoozie: in questo caso però il contributo è comunitario.

“Dobbiamo superare il concetto che le polizze assicurative si debbano stipulare in una situazione di emergenza – ha spiegato Gianpaolo Pignatti, referente settore assicurativo di Araer – bensì devono essere intese come strumento finalizzato a coprire un rischio possibile, che potrebbe colpire l’allevamento in qualsiasi momento. Il nostro impegno è quello di trovare un giusto equilibrio tra costi e benefici, rispondendo alle esigenze dell’allevatore e a quelle della Compagnia assicurativa nel massimo soddisfacimento di entrambi”.

I numeri dimostrano che la sensibilità degli allevatori sta aumentando. Nel 2018, sulle varie agenzie di assicurazione distribuite in Emilia Romagna, la Società che cura i servizi commerciali di Araer ha assicurato un totale di 353 aziende di bovine da latte, coinvolgendo un totale di 112.507 capi di bestiame.

“Nell’anno in corso contiamo di superare queste cifre – ha puntualizzato Pignatti – perché registriamo un interesse crescente e un’attenzione che fino a qualche anno fa rappresentava una quota molto esigua di allevatori”.

“Non sempre le informazioni che vengono diffuse sono attendibili – ha affermato il responsabile di Assicap srl, Fabrizio Bernuzzi – e quindi l’allevatore deve poter contare su un professionista capace di fornirgli tutte le indicazioni necessarie a capire cosa e come sta assicurando la sua azienda, perché oggi non assicurare il proprio patrimonio zootecnico è una scelta incosciente che può costare molto cara”.

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06/04/2019, 13:53
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Carne di Razza Romagnola,
convegno a Forlì per rilanciare i consumi

L’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna organizza un incontro che si terrà il 16 aprile prossimo presso l’hotel Globus City a partire dalle ore 20.30. Gli ultimi studi condotti dal Crea mettono in evidenza le eccezionali qualità organolettiche di questa carne

Bologna, 10 aprile 2019 – Territorialità ed evidenze scientifiche. Sono questi i perni su cui si svilupperà il convegno previsto a Forlì il 16 aprile prossimo dedicato al rilancio della carne bovina di razza Romagnola.

L’evento è organizzato dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) in collaborazione con Aia (Associazione italiana allevatori) e si svolgerà a partire dalle ore 20.30 presso la Sala Convegni Europa dell’Hotel Globus City, in via Traiano Imperatore 4. (v. programma allegato).

La produzione di bovini da carne di razza Romagnola rappresenta per la nostra regione un fiore all’occhiello non adeguatamente valorizzato sotto il profilo commerciale, al punto che soprattutto negli ultimi dieci anni le consistenze, sia nel numero di capi allevati sia in quello degli allevamenti hanno registrato una decisa contrazione. Solo in questi ultimi due-tre anni si è registrata una certa stabilizzazione produttiva con circa 10mila soggetti allevati e distribuiti su 300 allevamenti.

“Araer è da sempre impegnata a organizzare iniziative che contribuiscano al rilancio di questa razza – afferma il direttore Claudio Bovo – profondamente legata al territorio e dalle qualità organolettiche eccezionali, come hanno dimostrato le prove condotte di recente dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ndr)”.

Uno studio condotto su 6 porzioni di carne di razza romagnola provenienti da altrettanti, diversi allevamenti e, va ricordato, voluto da una allevatrice che ha dedicato la vita alla produzione dei bovini di razza Romagnola: Laura Cenni, anche lei determinata a individuare la strada che assegni a questa razza il ruolo che merita.

I risultati di questo studio saranno presentati da Sebastiana Failla, ricercatrice del Crea, al convegno che si terrà il 16 aprile prossimo e, con una piccola anticipazione, annuncia che saranno molto interessanti.

“Animali come i bovini di razza Romagnola, allevati secondo il Disciplinare Igp del Vitellone Bianco dell’Appennino centrale, che si portano dietro un certo tipo di genetica attribuibile alla loro attitudine originaria che era quella del lavoro – precisa - anche a livello organolettico evidenziano caratteristiche davvero straordinarie. La Romagnola, e in misura maggiore rispetto ad altri esemplari di altre razze da carne, produce infatti acidi ramificati indispensabili per la salute fisica del muscolo umano di cui l’uomo ha bisogno e che, non producendoli, deve assumere con la dieta. Non solo, il lento accrescimento che caratterizza la produzione della Romagnola conferisce alla carne una particolare tenerezza, morbidezza, marezzatura, garantite anche da una condizione costante di benessere generale”.

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10/04/2019, 20:21
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Forlì, 16 aprile ore 20.30



Convegno sul rilancio della carne bovina di razza Romagnola

Allevatore-consumatore, un’alleanza tutta da costruire



Presso la Sala Europa dell’hotel Globus City si terrà un incontro in cui, oltre agli aspetti scientifici si affronterà il tema del rapporto tra produttori e mercato. Ne parlerà Rosario Trefiletti, presidente del Centro Ricerche Indagini3





Bologna, 12 aprile 2019 – Il consumo consapevole della carne passa da un’alleanza tra allevatori e consumatori. I primi impegnati a fornire tutte le informazioni richieste sui metodi di allevamento; i secondi chiamati ad approfondire le loro conoscenze per saper scegliere con cognizione di causa.

Sarà questo uno dei temi affrontati al Convegno del 16 aprile prossimo sul rilancio della carne bovina di razza Romagnola, evento organizzato dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) in collaborazione con Aia (Associazione italiana allevatori) fissato alle ore 20.30 presso la Sala Europa dell’hotel Globus City di Forlì (v. programma allegato).

Territorialità ed evidenze scientifiche sulla qualità della carne bovina di razza Romagnola sono i capisaldi che faranno di questo convegno un momento di confronto molto importante, anche per fissare dei paletti in materia di miglioramento genetico della razza e benefici del prodotto in termini di qualità organolettiche.

“Il rilancio dei consumi di carni originate dalla razza Romagnola, al pari di quelli degli altri bovini nati e allevati nel nostro Paese - dichiara il direttore generale di Aia, Roberto Maddé che coordinerà gli interventi dei relatori - è tra gli obiettivi da perseguire nell'immediato futuro, anche per venire sempre più incontro alla richiesta dei consumatori che domandano un prodotto sano, tracciato, proveniente da filiera certificata e da animali allevati in condizioni di benessere e integrati nei rispettivi territori rispettando l'ambiente. Il recente successo espositivo e tecnico riportato dalla Romagnola, che per la prima volta ha tenuto la sua Mostra Nazionale di Libro Genealogico alla recente rassegna 'Agriumbria', testimonia i progressi generali fatti dagli allevatori a tutela di una razza anch'essa simbolo di biodiversità oltre all'interesse per questi bovini anche al di fuori dell'areale originario di allevamento”.

Tutto questo deve essere veicolato verso il consumatore, sempre più esigente in termini di qualità ma non sempre adeguatamente informato.

“Mentre in altre tipologie di mercato il rapporto tra produttore e consumatore è spesso molto stretto – spiega Rosario Trefiletti, presidente del Centro Ricerche Indagini3, uno dei relatori che parteciperà al convegno – quello tra allevatore e consumatore è un rapporto in gran parte da costruire e in ogni caso molto particolare, spesso anche un po’ conflittuale. Oggi sappiamo bene quanto sia alta l’attenzione sulle condizioni di benessere in allevamento e questo, a mio avviso, potrebbe essere la base da cui partire per dei percorsi formativi che coinvolgano sia le scolaresche che le famiglie. Sono convinto che sarebbe un metodo molto efficace per far incontrare due mondi che su uno dei temi più importanti, l’alimentazione, devono necessariamente dialogare”.

Benessere e qualità. Due termini di cui il consumatore conosce bene il significato? Se sul primo, secondo Rosario Trefiletti, esiste una maggiore chiarezza, sul termine qualità a volte esiste invece un po’ di confusione. “Non sempre il consumatore sa distinguere tra sicurezza alimentare e qualità, che sono due cose diverse ma che devono andare di pari passo. Innanzitutto va sempre ricordato che i prodotti sono assolutamente sicuri grazie ai rigidi controlli che quotidianamente vengono garantiti dagli organi competenti, altrimenti si rischia di discriminare chi mangia il filetto e chi la fettina più economica. Detto questo, sul termine di qualità si apre un diverso scenario, dove la conoscenza di ognuno di noi riveste un ruolo fondamentale, senza la quale è molto difficile riconoscere un prodotto di qualità superiore rispetto a un altro diciamo pure più modesto. Credo che al convegno sulla carne Romagnola del 16 aprile prossimo queste riflessioni troveranno un ottimo terreno di confronto e discussione”.

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12/04/2019, 7:11
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Mangiare carne fa bene,

e se è di Romagnola ancora di più



Al convegno sul rilancio dei consumi di carne bovina di razza Romagnola, organizzato a Forlì dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna, gli esperti hanno illustrato i benefici di questa produzione dalle indubbie qualità nutrizionali e organolettiche. Numerosa la partecipazione degli allevatori



Bologna, 17 aprile 2019 – Gli allevatori di bovini da carne di razza Romagnola hanno partecipato numerosi e compatti al convegno svoltosi a Forlì ieri sera, martedì 16 aprile, organizzato da Araer (Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna) in collaborazione con Aia (Associazione italiana allevatori).

Il titolo dell’evento era “Parte dal territorio e dalla verità scientifica il rilancio della carne di razza Romagnola”, un rilancio che affonda le sue radici proprio nelle peculiarità di questa razza, come ha ricordato Sebastiana Failla, ricercatrice del Crea, sottolineando nel suo intervento che “la carne bovina Romagnola è un alimento altamente funzionale e proprio su questo aspetto e sulla sua composizione nutrizionale bisogna puntare per favorire un aumento dei consumi e una maggiore redditività per gli allevatori che la producono. La sua tenerezza è superiore a quella riscontrata nella Chianina e nella Maremmana e l’originaria e antica attitudine al lavoro che ancora oggi fa parte del suo patrimonio genetico ne fanno un animale dalle caratteristiche straordinarie che merita una valorizzazione e una quotazione superiore a quanto si registra attualmente”.

“A livello globale il trend di crescita dei consumi di carne è in aumento – ha ribadito nel suo intervento Riccardo Negrini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Direttore tecnico di Aia – e anche per il nostro Paese le potenzialità di sviluppo del settore sono concrete, soprattutto se pensiamo che la nostra autosufficienza si ferma al 60%, mentre il restante 40% è coperto da una produzione importata. Purtroppo un certo tipo di informazione fuorviante, legata ai presunti effetti dannosi sulla salute umana che secondo alcune indicazioni non sempre scientificamente confermate sarebbero causati dal consumo di carne, può generare qualche preoccupazione. Ma si tratta di timori infondati che vanno sfatati, soprattutto se si ragione in un’ottica di riorganizzazione produttiva finalizzata a rispondere a questa maggiore richiesta di prodotto che, nel caso della Romagnola, è di elevata qualità”.

E che il mondo chieda sempre più carne emerge dai recenti dati che Negrini ha illustrato diffusi dalla Fao. “Nel 1960 un produttore di carne bovina doveva sostenere 26 persone – ha ricordato – Oggi ne deve sostenere 155 ma nel 2030 questo numero salirà a 256 individui. La qualità, elemento indiscusso della carne italiana, non è però più sufficiente a convincere gli acquisti dei consumatori. Serve altro, soprattutto se analizziamo le richieste del mercato che, secondo un sondaggio svolto da Eurobarometro, afferma che oltre il 20% dei consumatori vede nell’allevamento al pascolo un valore aggiunto, senza dimenticare l’importanza che oggi riveste il termine “free”, rispetto al quale nel periodo compreso tra il 2012 e il 2017 la percentuale di consumatori che ha acquistato carne contrassegnata da questo termine, ha registrato un aumento dell’8%”.

Non solo. Negrini ha sottolineato quanto i consumatori siano disposti a pagare di più i prodotti alimentari che acquistano se il packaging è ecologico, se viene rispettata la sostenibilità ambientale e se le condizioni di benessere animale sono state garantite e controllate. Quindi produrre bene non basta più. “Quali sono allora le chance che devono sfruttare gli allevatori per organizzare la loro produzione? – si è chiesto il docente universitario – il management aziendale e il miglioramento genetico. Due aspetti sempre più fondamentali che oggi possono contare su strumenti altamente innovativi come la genomica che anche nel settore della carne, dopo aver dato ottimi risultati in quello delle bovine da latte, sta dimostrando tutta la sua validità. Il progetto I-beef che il Sistema allevatori sta approntando va proprio in questa direzione. Per poter espletare però tutte le sue potenzialità ha bisogno dei dati che devono essere raccolti in azienda, operazione che vede l’allevatore grande protagonista in un sempre più costruttivo rapporto di collaborazione con le Associazioni di riferimento”.

Unità, chiarezza delle idee e seria comunicazione sono gli aspetti a cui ha fatto riferimento Rosario Trefiletti, presidente del Centro Ricerche Indagini3 che ha invitato gli allevatori a farsi vedere e sentire di più soprattutto in tema di comunicazione, anche per riuscire ad agevolare il comparto agroalimentare italiano, da lui stesso definito il “petrolio italiano”. Per le conclusioni al termine del convegno la parola è passata al presidente di Araer, Maurizio Garlappi, il quale ha ricordato che dalla genomica arriveranno sicuramente grandi novità in materia di selezione, “anche se dovremo continuare a fare i conti con una serie di adempimenti normativi e burocratici più laboriosi come la ricetta elettronica, la gestione del farmaco, il benessere animale, il Classyfarm che non sempre agevolano la nostra attività in allevamento. Ma siccome non possiamo permetterci di essere costantemente attaccati e al consumatore vogliamo fornire le massime garanzie sulla carne che porta in tavola, dobbiamo proseguire con impegno a lavorare nella filiera. L’esempio della Romagnola, che sul territorio rappresenta un presidio inespugnabile, va in questa direzione e in questa direzione continueremo a camminare”.

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17/04/2019, 22:06
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A Riolo Terme (RA) il 7 giugno alle ore 20.30
Il rilancio della carne di razza Romagnola passa anche dalla selezione genetica

Bologna, 30 maggio 2019 – Una carne dalle indubbie qualità organolettiche, vanto della tradizione e della produzione zootecnica romagnola, non sufficientemente valorizzata da un punto di vista commerciale.

Stiamo parlando della carne bovina di razza Romagnola, a cui l’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) in collaborazione con Anabic (Associazione nazionale allevatori bovini italiani carne) dedicherà un convegno dal titolo “La verità scientifica e il futuro della selezione” che si terrà a partire dalle ore 20.30 il prossimo 7 giugno a Riolo Terme (RA), presso la sala San Giovanni (ex Chiesa) in via Verdi 5..

“Il rilancio della carne bovina di razza Romagnola è una delle priorità di Araer – sottolinea il direttore Claudio Bovo – perché tra le altre lo è anche la salvaguardia della biodiversità, un tema che sarà sempre più centrale nei prossimi anni e rispetto al quale occorre adottare tutte le misure più efficaci di sviluppo. La razza bovina Romagnola vive oggi un momento molto delicato e controverso, perché alle sue indubbie qualità riconosciute soprattutto a livello scientifico, si contrappone purtroppo una scarsa valorizzazione commerciale che rischia di comprometterne l’esistenza. Negli ultimi dieci anni infatti sia le consistenze numeriche che gli allevamenti hanno registrato una drastica diminuzione e solamente da un paio d’anni si è registrata una stabilizzazione produttiva che raggiunge i 10mila soggetti allevati distribuiti su un numero totale di allevamenti che non supera le 300 unità”.

Quando si parla di salvaguardia delle produzioni autoctone, legate quindi al territorio e alla biodiversità, i riscontri scientifici sono imprescindibili. Come quelli ottenuti da un recente studio condotto dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che ha visto in Sebastiana Failla, ricercatrice dell’ente, la sua artefice. “La composizione nutrizionale della carne bovina di razza Romagnola – afferma la scienziata – la rende un alimento estremamente funzionale, un aspetto su cui occorre puntare per incentivarne i consumi e garantire una migliore redditività agli allevatori. L’analisi che abbiamo svolto su 6 porzioni di carne provenienti da altrettanti, diversi allevamenti, ha messo in evidenza le straordinarie qualità organolettiche di questa carne, più tenera della Chianina e della Maremmana e dalle caratteristiche uniche in tema di frazione lipidica e proteica. Oggi il concetto che deve essere messo al centro del dibattito non è la vendita di carne in sé, bensì la vendita di alimenti altamente funzionali. E la Romagnola ha tutte le carte in regola per rispondere a questi input commerciali”.

Il convegno, di cui alleghiamo il programma, oltre a Sebastiana Failla vedrà tra i relatori la partecipazione di Luca Panichi e Andrea Quaglia, rispettivamente presidente e responsabile del Libro genealogico Anabic.

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30/05/2019, 16:53
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Riolo Terme (RA), venerdì 7 giugno ore 20.30
Per il rilancio della Romagnola
servono strategie commerciali più efficaci


Bologna, 3 giugno 2019 – Due euro. È questa la differenza di prezzo tra un chilogrammo di carne bovina di Chianina e uno di Romagnola. Sette per la prima, 5 per la seconda.

Ma la differenza in termini di qualità non esiste, perché i livelli sono elevati per entrambe, ed entrambe sono inserite, insieme alla Marchigiana, nel Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale che per tutte prevede un identico Disciplinare di produzione.

Come si spiega allora la disparità di prezzo?

A questa domanda cercherà di rispondere il convegno che l’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) ha organizzato per venerdì, 7 giugno, in collaborazione con Anabic (Associazione nazionale allevatori bovini da carne) dal titolo “La verità scientifica e il futuro della selezione” finalizzato a trovare strategie per il rilancio della carne bovina di razza Romagnola. L’incontro si terrà a partire dalle ore 20.30 a Riolo Terme (RA), presso la Sala San Giovanni (ex Chiesa) in via Verdi 5.

“Conosco l’allevamento dei bovini di razza Romagnola da quando sono bambina – spiega Laura Cenni, a cui spetterà il coordinamento dei lavori – quando iniziò ad allevarle mio papà. Per me è naturale proseguire in questa attività e, nonostante le grandi difficoltà che si sono manifestate soprattutto in questi ultimi anni, continuo a essere fiduciosa sul futuro della Romagnola, soprattutto perché diversi giovani allevatori, sulle colline della Romagna, stanno rilevando le aziende zootecniche famigliari animati da una passione che deve essere premiata”.

È stato proprio grazie alla passione di Laura Cenni che Sebastiana Failla, ricercatrice dell’ente Crea (che sarà uno dei relatori al convegno) ha condotto recentemente uno studio sulle qualità della Romagnola, arrivando alla conclusione che rispetto alla più blasonata Chianina, la Romagnola non ha nulla da invidiare. E allora a cosa va imputata la difficoltà di commercializzazione che la affligge compromettendone necessariamente la valorizzazione?

“È presto detto – afferma Laura Cenni – i toscani sono più bravi di noi, dobbiamo riconoscerlo. Hanno saputo adottare politiche di promozione della Chianina efficaci e vincenti. Penso francamente che dovremmo imitarli a cominciare da iniziative che sappiano unire in un unico grande contenitore tutte le tipicità del nostro territorio, che sono parecchie, in cui la Romagnola rivesta un ruolo preponderante. Non dobbiamo poi dimenticare che purtroppo, a differenza di quanto avviene in Toscana soprattutto nei piccoli centri, da noi stanno via via scomparendo i negozi di macelleria a favore dei grandi Centri della Gdo, un aspetto non secondario che non deve essere sottovalutato ma che non può penalizzare la promozione della Romagnola. Al di là della passione – conclude Laura Cenni – quello che dobbiamo saper trasmettere al consumatore è il valore intrinseco della qualità della Romagnola, fatto di impegno, utilizzo di materie prime eccellenti, costi di produzione superiori rispetto ad altre produzioni più standardizzate. Un dato che non può essere disatteso, anzi valorizzato”.

Secondo Luca Panichi, presidente di Anabic, la migliore e maggiore valorizzazione della Romagnola richiede una gestione più mirata che ne caratterizzi la specificità. “Questa carne ha in sé dei valori materiali e immateriali che meritano una valorizzazione ben diversa da quanto purtroppo è avvenuto finora – afferma – C’è un forte legame con il territorio, esistono caratteristiche genetiche che affondano le loro radici in un passato molto remoto e che ancora oggi dimostrano tutto il loro valore, tant’è vero che la selezione naturale avvenuta nel corso dei secoli lega indissolubilmente la Romagnola alla specificità dei luoghi dove continua a essere allevata. La grande sfida è allora quella di saper veicolare al mercato tutte queste informazioni, che peraltro racchiudono anche aspetti sanitari e di sicurezza alimentare a cui il consumatore guarda con sempre maggiore attenzione. La differenza di prezzo tra la Chinina e la Romagnola quindi non è legata alla qualità della carne ma all’approccio commerciale. Una strategia e una capacità diverse, più mirate e premianti sapranno invertire questa tendenza”.

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Genomica e promozione
rilanceranno la carne bovina di razza Romagnola

È questo l’auspicio emerso al termine del convegno che si è tenuto venerdì 7 giugno a Riolo Terme (RA), organizzato da Araer in collaborazione con Anabic. Le notevoli potenzialità di questa produzione così radicata sul territorio devono trovare le migliori espressioni per un’adeguata valorizzazione economica a vantaggio degli allevatori

Bologna, 10 giugno 2019 - Un’impronta genetica che la rende speciale, particolare. E quindi unica. È questo il tratto distintivo della Romagnola, la razza bovina da carne al centro del convegno dal titolo “La verità scientifica e il futuro della selezione” che Araer (Associazione nazionale allevatori dell’Emilia Romagna) le ha dedicato in collaborazione con Anabic (Associazione nazionale allevatori bovini da carne) e svoltosi lo scorso 7 giugno a Riolo Terme (RA).

La peculiarità della Romagnola è stata infatti illustrata da Sebastiana Failla, ricercatrice dell’Ente Crea, in base ai risultati scaturiti dalla recente analisi compiuta su un campione rappresentativo di carne di razza Romagnola, da cui sono emerse le sue caratteristiche organolettiche che nulla hanno da invidiare a razze più blasonate come la Chianina o la Maremmana, peraltro inserite all’interno del Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale che applica per tutte lo stesso Disciplinare di produzione.

Eppure la Romagnola non gode della notorietà della Chianina, le sue consistenze dal 1988 a oggi si sono ridotte con gli allevamenti che da 1.553 sono passati a 356, il numero di capi da 16.818 si è ridotto a 11.724, quello delle vacche è passato da 8.571 a 6.371 e le quotazioni commerciali non superano mediamente i 5euro/kg a fronte dei 7euro/kg della Chianina. Le motivazioni alla base di questa situazione sono molteplici, a iniziare da una scarsa attività di promozione commerciale passando inevitabilmente dal ricambio generazionale all’interno delle aziende che allevano la Romagnola, alle consistenze limitate e allo scarso utilizzo della fecondazione artificiale.
“È indubbio che si debbano apportare dei correttivi a questo trend – ha affermato Laura Cenni, allevatrice di Romagnola e moderatrice del convegno – ma io sono fiduciosa e convinta che riusciremo a invertire la rotta in vista di un deciso miglioramento, soprattutto in termini di redditività aziendale”.

“Posto che è fondamentale mantenere e auspicabilmente aumentare il numero di vacche per evitare che della Romagnola si parli in futuro solo di conservazione e non di selezione – ha affermato nel suo intervento Andrea Quaglia, Responsabile del Libro genealogico di Anabic – oggi per il rilancio di questa razza un grande aiuto può arrivare dalla genomica, grazie alla quale, con un’unica analisi, possiamo ottenere un elevato numero di informazioni che, in una razza come la Romagnola in cui è presente un considerevole numero di tori destinati alla fecondazione naturale, possono fornire importanti informazioni iniziali sul valore genetico del riproduttore, stimato direttamente mediante le caratteristiche del suo Dna. Informazioni che possono essere rafforzate e/o verificate attraverso la raccolta dei dati appartenenti ai figli. Per la Romagnola Anabic ha avviato un Piano di accoppiamenti programmati dalla metà del 2017. Da allora ha verificato 4.500 vacche selezionandone 450 in 48 allevamenti. Alla fine dello scorso mese di aprile i soggetti nati all’interno di questo progetto erano 310 di cui 188 maschi e 122 femmine; mentre alla data del 31 dicembre 2018 i vitelli ispezionati per il nostro Centro genetico sono stati 164: dopo averne scelti 106 solo 76 sono stati quelli inseriti e alla fine 41 quelli approvati”.

“Il forte legame della razza al territorio, la qualità della carne insieme al risanamento delle anomalie genetiche – sono state le riflessioni conclusive di Luca Panichi, presidente di Anabic – rappresentano solo alcuni dei punti di forza della Romagnola che per il suo rilancio può sfruttare le grandi opportunità offerte dal nostro Centro genetico e dalla genomica, ma anche dai programmi di accoppiamento e dai Psrn (Piani di sviluppo rurale nazionale, ndr). Gli obiettivi che dobbiamo perseguire sono ambiziosi ma raggiungibili, anche perché le caratteristiche della Romagnola e il suo metodo di allevamento rispondono a una richiesta sempre più pressante che arriva dal mercato. Per quello che ci riguarda, come allevatori, dobbiamo riuscire a fare veramente squadra per raggiungere questi obiettivi e ottenere quel riconoscimento commerciale che la Romagnola merita. Mi piace portare un esempio che mi sembra molto eloquente. L’attuale sindaco di Venezia ha recentemente acquistato in Umbria un allevamento di bovini di razza Chianina riuscendo a vendere la carne prodotta in Giappone a non meno di 40 euro/kg. La Romagnola, oggi, arriva nelle mense scolastiche di Roma e non viene pagata oltre i 5,40euro/kg. Una riflessione è evidentemente doverosa”.

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Assemblea annuale Araer, aumenta la produzione lorda vendibile della zootecnia regionale: +5,8%

Bologna, 19 luglio 2019 – Sfide, aspettative, progetti. Per l’Associazione regionale dell’Emilia Romagna (Araer) le incognite sul futuro della zootecnia rappresentano uno stimolo per offrire agli associati le migliori opportunità di crescita e competitività professionale.

Ne ha parlato il presidente Maurizio Garlappi, in occasione dell’annuale assemblea dell’Associazione svoltasi ieri mattina a Bologna illustrandone il buon andamento a 7 anni dall’inizio della riorganizzazione, che per Araer ha rappresentato una vera e propria rivoluzione.

L’intervento del presidente è stato preceduto da quello del direttore, Claudio Bovo, che ha dato lettura dei dati di bilancio consuntivo (per il 2018) e preventivo per l’anno in corso.

“L’anno che ci siamo lasciati alle spalle – ha dichiarato Garlappi – è stato particolarmente intenso di lavoro e iniziative sia per quanto riguarda la progettualità che l’aspetto tecnico con l’implementazione di ulteriori nuovi servizi per gli allevatori. I numeri alimentano la nostra soddisfazione: nel corso del 2018 i tecnici Araer hanno controllato 234.911 bovine da latte in 1.775 allevamenti e 12.395 bovini da carne in 530 allevamenti.

Un anno, il 2018, che per la zootecnia emiliano-romagnola è stato particolarmente positivo: il valore totale dell’agricoltura regionale ha raggiunto il 51% a fronte del 49,5% dell’anno prima con una Plv (produzione lorda vendibile, ndr) passata dai 2,241,50 milioni di euro (nel 2017) a 2.371,08 milioni, pari a un aumento del 5,8%”.

Tutto bene quindi? Non esattamente, perché le sfide sul tavolo della competitività si traducono innanzitutto in concetti di cui si parla molto e si continuerà a parlare: benessere animale e antibioticoresistenza. “Le richieste che arrivano dal mercato, prima ancora che dall’Europa – ha incalzato Garlappi – impongono a tutto il settore un cambio di passo, un nuovo modo di interpretare il nostro lavoro a vantaggio di una trasparenza che è sinonimo di sicurezza alimentare. In quest’ottica è nato il Progetto Leo, finalizzato alla raccolta in allevamento di nuovi dati e parametri che alimenteranno una banca dati, al momento unica in Europa, da cui attingere le informazioni necessarie per individuare le migliori soluzioni nel rispetto degli obiettivi legati alla sostenibilità ambientale ed economica, alla sicurezza alimentare, al benessere animale. Attualmente il 92% dei nostri associati ha aderito al progetto che, voglio sottolineare, non chiede agli allevatori nessun contributo economico. Il progetto Leo, che terminerà il 30 giugno 2023, è finanziato dai fondi previsti dal Psr nazionale e ammontano a complessivi 93 milioni di euro. La sua elaborazione ha coinvolto numerosi enti e istituti di ricerca, con Aia (Associazione italiana allevatori, ndr) capofila che circa due anni fa, successivamente alla pubblicazione del banco, presentò il progetto, approvato dal ministero delle Politiche agricole non più tardi dello scorso 10 maggio. Un lasso di tempo enorme per problemi che impongono strategie quasi immediate”.

Tornando ai numeri che hanno caratterizzato l’andamento zootecnico emiliano-romagnolo nel 2018, vanno ricordate le 2,043 milioni di tonnellate di latte prodotto, che rispetto all’anno prima hanno fatto segnare un +0,1%. Una crescita che si consolida di anno in anno e che vede nel buon andamento di mercato del Parmigiano Reggiano la sua forza motrice. Proprio il latte prodotto per il re dei formaggi assorbe oggi il 93% della totalità, che si traduce in un +1,35% di forme prodotte. “Un andamento che ha trascinato nella sua scia positiva anche il Grana Padano prodotto a Piacenza – ha proseguito Garlappi – Nel complesso, la zootecnia emiliano-romagnola targata 2018 archivia un buon andamento anche per il comparto degli avicunicoli e delle uova, così come per gli ovicaprini. Diverso il discorso per il settore suinicolo che deve registrare un calo della redditività del 12,1%, marcando notevoli problemi di redditività per gli allevatori. Preoccupano i dati registrati nel comparto dei bovini da carne che nonostante l’aumento del valore delle produzioni (+4,7%) e l’incremento delle macellazioni (+4,8%) deve incassare una flessione delle quotazioni di vitelli e bovine. “Rimane purtroppo grave la situazione degli allevamenti di bovini di razza Romagnola – ha precisato il presidente Araer – rispetto alla quale possiamo parlare di uno stato di crisi senza precedenti e che ci chiama prepotentemente in causa per individuare soluzioni che possano ridare fiato al comparto”.

Un lungo elenco di analisi di laboratorio, un supporto concreto nel ramo assicurativo per tutelare le aziende sono solo alcuni dei numerosi servizi offerti agli associati da Araer “che – ha velatamente polemizzato Garlappi – a differenza di altre regioni come la Lombardia, il Veneto o la Toscana, dalla Regione riceve un contributo di poco superiore a 2,8 milioni di euro: una goccia nel mare se consideriamo non solo quanto avviene altrove, ma soprattutto quanto ci viene chiesto per rispettare tutti i parametri oggi previsti”.

Un appello che non è caduto nel vuoto e che il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, in collegamento video ha in parte raccolto assicurando pieno sostegno a un settore vitale e di fondamentale importanza per l’economia regionale. “Ad Araer – ha detto il presidente della Regione – va riconosciuta la capacità di aver fatto crescere il settore zootecnico regionale; proprio per questo il nostro impegno sarà rivolto a individuare i sostegni necessari a garantire questo percorso evolutivo che tutelerà gli allevatori a vantaggio di tutti, compreso il territorio”..

“In un futuro che è ormai alle porte – ha concluso Maurizio Garlappi – sarà di fondamentale importanza stringere accordi con Associazioni e Consorzi, come abbiamo fatto proprio in questi giorni con quello del Parmigiano Reggiano, per rafforzare il settore e renderlo sempre più competitivo. Contestualmente lavoriamo e lavoreremo per offrire ai nostri associati una rosa sempre più completa di servizi all’interno della quale ogni allevatore sarà libero di scegliere quello che risponderà di più alle sue esigenze”.

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Mostra nazionale del Cavallo Bardigiano
Duecento esemplari per un successo senza precedenti

Bologna, 6 agosto 2019 – Cristal e Caffè di Santa Franca, appartenenti rispettivamente alle categorie Femmine e Maschi, sono i due campioni assoluti della 45ma Mostra Nazionale del Cavallo Bardigiano svoltasi il 3 e il 4 agosto scorsi a Lago Monti di Bardi (PR).

L’evento è stato organizzato dall’Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna (Araer) – Libro Genealogico Cavallo Bardigiano, in collaborazione con l’amministrazione comunale del Comune di Bardi e, ancor più degli anni scorsi, ha incassato un successo senza precedenti.

Lo spiega soddisfatto Luca Marcora, presidente dell’Associazione del Cavallo di razza Bardigiana: “La massiccia affluenza di pubblico, proveniente anche da località molto lontane se non addirittura da oltre confine nazionale, l’elevato livello delle caratteristiche morfologiche dei 200 cavalli in gara che ha messo a dura prova il lavoro dei giudici, le numerose esibizioni, ben 27, che hanno catalizzato in ognuna delle performance l’attenzione del pubblico dimostrano l’importanza del lavoro che come Libro Genealogico abbiamo portato avanti in questi anni per valorizzare una razza equina di rara bellezza e, soprattutto, dalle caratteristiche uniche. Durante i 27 spettacoli in programma, infatti, abbiamo avuto la possibilità di ammirare gli splendidi esemplari in gara esibirsi nella monta classica, da lavoro, western, nella posta ungherese, nel volteggio, discipline molto diverse tra loro ma accomunate dalla grande capacità dei cavalli di razza Bardigiana di raggiungere prestazioni di livello molto elevato grazie anche alla loro innata versatilità”.

Nella massiccia presenza di visitatori stranieri che hanno partecipato alla rassegna, la compagine tedesca è stata quella più numerosa. “Il motivo è presto detto – afferma ancora Marcora – in Germania esiste un’associazione del cavallo Bardigiano che conta un centinaio di allevatori e circa 200 esemplari iscritti al Libro genealogico che gestiamo direttamente noi”.

“Non possiamo che essere orgogliosi del successo di questa Mostra – è la riflessione del direttore di Araer, Claudio Bovo – la cui organizzazione, ogni anno, richiede un notevole sforzo da parte di tutte le persone coinvolte e soprattutto degli allevatori che arrivano da lontano e che per questo devono affrontare un viaggio molto faticoso soprattutto per i cavalli i quali, d’altro canto, devono arrivare nelle migliori condizioni per gareggiare al massimo delle loro potenzialità. Soddisfa poi la notevole presenza dei giovani che hanno saputo condurre i loro cavalli nelle prove morfologiche con grande maestrìa e soprattutto passione: proprio grazie a queste giovani generazioni credo di poter affermare che il futuro del Bardigiano, impiegato ormai da tempo e con successo anche nei percorsi riabilitativi dell’ippoterapia, è assicurato sia in termini di valorizzazione che di diffusione”.

“La tutela della biodiversità – ha puntualizzato il presidente di Araer, Maurizio Garlappi – è assicurata anche da iniziative come la Mostra del Cavallo Bardigiano che noi, insieme a un partner di primaria importanza come il Consorzio Agrario di Parma, intendiamo incentivare e promuovere per tutte le specie zootecniche autoctone che rappresentano per il territorio un patrimonio da valorizzare con strategie sempre più mirate”.

Cristal, la campionessa della categoria femminile, appartiene ad Attilio Bocciarelli di Ferriere, in provincia di Piacenza; Caffè di Santa Franca, campione nella categoria maschile, appartiene invece all’azienda agricola dei fratelli Rocca di Cortebrugnatella, sempre in provincia di Piacenza.


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