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De Arte Sacra Agriculturae

19/12/2009, 20:55

Era già da un po' di tempo che mi ronzava in testa l'idea di aprire questa discussione. Ma fino ad oggi la pigrizia, il lavoro ed impegni vari, me lo hanno impedito. Dunque approfitto di questi giorni d'inoperosità per darle inizio, con l'augurio che possiate trovarla interessante e che vi contribuiate il più possibile con vostri apporti, testimonianze, critiche, dubbi, approfondimenti e chi più ne ha più ne metta.
Vi sarete già domandati: ma di che sta parlando questo?
Presto detto! Mi piacerebbe tracciare un variegato elenco di testimonianze (anche dirette per chi ha la fortuna di poterle fare), di articoli, di citazioni da libri, di poesie e quant'altro, in cui si evidenzi il profondo e stretto rapporto che da sempre è intercorso tra la pratica agricola e il mondo del sacro, dalle origini ad oggi. Direte voi: non basterebbe un'enciclopedia! Io rispondo che si può comunque tentare. Può inoltre essere un modo per ampliare la propria visione del mondo, per tentare di scavare le radici, le origini di una pratica antichissima che ancora oggi molti di noi qua dentro continuano imperterriti a praticare, tra gioie e delusioni.
Ma bando alle ciance!
Il primo articolo con cui intendo dare il via alle danze, è tratto da "Storia delle idee e delle credenze religiose. Vol. I" del grande storico delle religioni romeno Mircea Eliade. Oggi, nell'antico calendario Romano, si sarebbero celebrati gli Opalia, in onore della dea Opi, archetipo dell'abbondanza e della ricchezza terrestre, connessa col dio Saturno, colui che insegnò l'agricoltura agli antichi abitanti della penisola ed instaurò l'età dell'oro. E dunque, in un così fausto giorno, con questo articolo voglio anche rendere i dovuti onori a tutte le donne che dedicano la loro vita all'Ars Agriculturae.
Buona lettura.

"La donna e la vegetazione. Spazio sacro e rinnovamento periodico del Mondo."

<< La prima e forse la più importante conseguenza della scoperta dell'agricoltura, suscita una crisi nei valori dei cacciatori paleolitici: le relazioni d'ordine religioso con il mondo animale sono sotituite da quella che possiamo chiamare solidarietà mistica fra l'uomo e la vegetazione. Se fino a quel momento l'essenza e la sacralità della vita erano state rappresentate dall'osso e dal sangue, ora lo saranno dallo sperma e dal sangue. Inoltre, la donna e la sacralità femminile vengono in primo piano. Avendo svolto una parte decisiva nella domensticazione delle piante, le donne divengono proprietarie dei campi coltivati: ciò eleva la loro posizione sociale e crea istituiti caratteristici, come per esempio la matrilocazione: l'obbligo per il marito di abitare nella casa della moglie.
La fertilità della terra è solidale con la fecondità femminile; di conseguenza le donne divengono responsabili dell'abbondanza dei raccolti, siccome conoscono il 'mistero' della creazione. Si tratta di un mistero religiosi, poiché governa l'origine della vita, il nutrimento e la morte. Il terreno è assimilato alla donna. Più tardi, dopo l'invenzione dell'aratro, il lavoro agricolo è assimilato all'atto sessuale. Ma per millenni la Terra Madre s'ingravidò da sola, per partenogenesi. Il ricordo di questo 'mistero' sopravviveva ancora nella mitologia olimpica (Era concepisce da sola e partorisce Efesto e Ares) e può esser decifrato in numerosi miti e in numerose credenze popolari sulla nascita degli uomini dalla Terra, il parto sulla nuda terra, ecc. Nato dalla Terra, l'uomo, morendo, torna alla madre. <<Striscia verso la terra, tua madre>>, esclama il poeta vedico (Rg Veda, X, 18, 10).
Senza dubbio, anche durante il Paleolitico la sacralità femminile e materna non era ignorata, ma l'invenzione dell'agricoltura ne accrebbe considerevolmente il potere. Così, infatti, la sacralità della vita sessuale, e innanzitutto la sessualità femminile, si confonde con l'enigma della creazione. La partenogenesi, lo hieros gamos e l'orgia rituale esprimono su piani diversi, il carattere religioso della sessualità. Un complesso simbolismo, dalla struttura antropocosmica, associa la donna e la sessualità ai ritmi lunari, alla Terra (assimilata alla matrice) e a ciò che dobbiamo chiamare il 'mistero' della vegetazione. Mistero che esige la 'morte' del seme per garantire al seme stesso una nuova nascita, in tanto più mirabile in qunato dà luogo a una stupefacente moltiplicazione. L'assimilazione dell'esistenza umana alla vita delle piante è espressa da immagini e metafore tratte dal dramma vegetale (la vita è come il fiore del campo, ecc.). Questo repertorio d'immagini ha alimentato la poesia e la riflessione filosofica per millenni e resta ancora 'vero' per l'uomo contemporaneo. "..."
La creatività religiosa fu suscitata, infatti, non dal fenomeno empirico dell'agricoltura, ma dal mistero della nascita, della morte e della rinascita, identificato nel ritmo della vegetazione. "..."
Le cultureagricole elaborarono quella che può esser definita una religione cosmica, poiché l'attività religiosa è concentrata intorno al mistero centrale: il rinnovamento periodico del Mondo. Così come l'esistenza umana, i ritmi cosmici sono espressi in termini tratti dalla vita vegetale. Il mistero della sacralità cosmica è simboleggiato nell'Albero del Mondo. L'universo è concepito come un'organismo che dev'essere rinnovato periodicamente: ogni anno. La 'realtà assoluta', il ringiovanimento, l'immortalità, sono accessibili ad alcuni privilegiati sotto le specie di un frutto o di una fonte vicino ad un albero. Si crede che l'Albero cosmico stia al Centro del Mondo e unisca le tre regioni cosmiche, siccome affonda le radici nell'Inferno e tocca con la vetta il Cielo.
Poiché il mondo dev'essere rinnovato periodicamente, la cosmogonia sarà ripetuta ritualmente in occasione di ogni Capodanno. Questo quadro mitico-rituale è attestato nel Vicino Oriente e fra gli Indo-Iranici. Lo si ritrova però anche nelle società dei coltivatori primitivi, presso i quali sopravvivono in un certo senso le concezioni religiose del Neolitico. L'idea fondamentale - rinnovamento del mondo, mediante la ripetizione della cosmogonia - è certamente più antica, pre-agricola. La si incontra, con le inevitabili variazioni, presso gli Australiani e numerose tribù dell'America settentrionale. Presso i paleocoltivatori e gli agricoltori, il quadro mitico-rituale del Capodanno implica il ritorno dei morti: cerimonie analoghe sopravvivono nella Grecia classica, presso gli antichi Germani, in Giappone ecc.
L'esperienza del tempo cosmico, soprattutto nel quadro dei lavori agricoli, finisce per imporre l'idea del tempo circolare e del ciclo cosmico. Poiché il mondo e l'esistenza umana sono valorizzati in termini di vita vegetale, il ciclo cosmico è concepito come ripetizione indefinita del medesimo ritmo: nascita, morte, rinascita. "..."
Sono state altrattanto importanti le valorizzazioni religiose dello spazio, cioè, innanzitutto, dell'abitazione e del villaggio. Un'esistenza sedentaria organizza il mondo in modo diverso da quello adottato da un'esistenza nomade. Il 'mondo vero' è per l'agricoltore lo spazio in cui vive: la casa, il villaggio, i campi coltivati. Il 'Centro del Mondo' è il luogo consacrato dai riti e dalle preghiere: là si attua la comunicazione con gli Esseri sovrumani. "..."
E' noto il simbolismo cosmologico della yurta e delle tende delle popolazioni dell'Asia settentrionale: il paletto della tenda o l'apertura superiore per l'uscita del fumo sono assimilati al Pilastro del Mondo o al <<Foro del Cielo>>, la Stella Polare. L'apertura è anche chiamata <<Finestra del cielo>>. I Tibetani chiamano <<Fortuna del cielo>> o <<Porta del cielo>> l'apertura nel tetto delle loro case.
Il simbolismo cosmologico dell'abitazione è attestato in numerose società primitive. L'abitazione è considerata, in modo più o meno esplicito, imago mundi. "..."
La suddivisione dell'abitazione fra i due sessi (uso già attestato nel Paleolitico) aveva probabilmente significato cosmologico. Le divisioni documentate dai villaggi dei coltivatori corrispondono in genere ad una dicotomia classificatrice e rituale: Cielo e Terra, maschile e femminile, ecc., ma anche a due gruppi ritualmente antagonisti. Come vedremo in parecchie occasioni, i combattimenti rituali fra due gruppi contrapposti svolgono una parte importante, specialmente nei quadri mitico-rituali del Capodanno. Si tratti della ripetizione di un combattimento mitico, come in Mesopotamia, o semplicemente del confronto fra due principi cosmogonici (Inverno/Estate; Giorno/Notte; Vita/Morte), il significato profondo di queste contrapposizioni è sempre lo stesso: il confronto, lo scontro, i combattimenti, destano, stimolano o accrescono le forze creatrici della vita. Questa concezione bio-cosmologica, verosimilmente elaborata dagli agricoltori neolitico, subirà nel corso dei secoli molteplici reinterpretazioni, o deformazioni. "..."
Si aggiunga che la diffusione della religiosità di struttura agraria ebbe come risultato, nonostante le innumerevoli variazioni e innovazioni, la costituzione di una certa unità fondamnetale che, ancora nei nostri giorni, collega società contadine lontane le une dalle altre come quelle del Mediterraneo, dell'India e della Cina.>>

Re: De Arte Sacra Agriculturae

20/12/2009, 0:45

ciao Sunmyra bello e interessante continua ..... grazie nadia48

Re: De Arte Sacra Agriculturae

20/12/2009, 14:53

Salve Sunmyra...bell'argomento. A me è capitato di studiare queste tematiche per l'università poichè avevamo nel piano di studi un esame opzionale chiamato "Agricoltura e Sacro" davvero molto interessante e molto facile!!

Se le serve del materiale sarò felice di darle qualcosa.

Saluti

Domenico

Re: De Arte Sacra Agriculturae

20/12/2009, 20:44

Gewurztraminer ha scritto:Salve Sunmyra...bell'argomento. A me è capitato di studiare queste tematiche per l'università poichè avevamo nel piano di studi un esame opzionale chiamato "Agricoltura e Sacro" davvero molto interessante e molto facile!!

Se le serve del materiale sarò felice di darle qualcosa.

Saluti

Domenico


Salve a lei Domenico. La ringrazio per l'apprezzamento. Se dispone di materiale d'interesse, perché non condividerlo direttamente sul forum - sempre che ne abbia il tempo. Credo sarebbe d'utilità per tutti. Cosa ne pensa?

In questi giorni, che da sempre sono ricchi di feste e celebrazioni religiose, vorrei ricordare quella legata al dio Saturno, di cui già ieri sera ho accennato, e che era strettamente collegato all'agricoltura, di cui lo si riteneva sommo e divino maestro.

"Origini e significati dei Saturnalia" - Alfredo Cattabiani

I Saturnalia erano la ricorrenza più festosa dell’anno. Gli schiavi erano temporaneamente liberi di far quel che credevano, venivano scambiati doni, specialmente candele di cera e piccole immagini o bambole di terracotta, dette sigillaria. Si eleggeva anche una specie di re di burla, Saturnalicius princeps. Poi, intorno al secolo IV gran parte di quelle celebrazioni vennero trasferite al capodanno. Quel clima festoso, su cui regnava Saturno, celebrava la notte “artica”, la notte solstiziale, il momento di passaggio e di rinnovamento annuale in cui si ristabiliscono simbolicamente le condizioni anteriori all’inizio: perciò i riti e le usanze di rovesciamento, “osserva Brelich”, e di “sospensione dell’ordine”, anche ove cronologicamente posteriori, si innestano coerentemente sul corpo più antico della festa». (4)
D’altronde il passaggio tra l’anno vecchio e il nuovo, è analogo a quello tra due cicli cosmici: è simbolicamente un passaggio sulle acque, reintegrazione del mondo nella sua origine informale. E non casualmente nell’alchimia Saturno rappresenta l’opera in nero. "..."
Ma Saturno non è soltanto il dio che presiede al rinnovamento dell’anno, che attraversa “le acque”. È anche il dio che approda alla nuova riva felice, che regna sull’età dell’oro. Non è soltanto il dio che spegne il passato e accende il futuro, è il dio del regno senza ombre e senza conflitti. Secondo la tradizione romana, Giano, il Creatore e Iniziatore per eccellenza, il Tempo Infinito che genera tutti gli dèi, accolse Saturno, giunto nel Lazio, associandolo nel regno che fu un periodo di pace e di tranquilla operosità, l’Età dell’Oro. Dopo quel lungo regno, amministrato in concordia con Giano, Saturno «improvvisamente scomparve». (7)
Certo, le due funzioni di Saturno sembrano quasi il frutto di una giustapposizione mitica di cui non abbiamo tuttavia riscontro. Né ci aiutano gli scrittori dell’epoca, che anzi avvolgono il dio in un velo di mistero, come ad esempio Macrobio che faceva dire a uno dei suoi personaggi nei Saturnali: «Infatti nelle stesse sacre cerimonie non è concesso di illustrare le origini occulte e promananti dalla fonte della pura verità: se poi qualcuno le consegue, gli è ordinato di contenerle protette nella coscienza» (8).
Giorgio de Santillana e Herta von Dechend ne danno un’interpretazione che lo collega esclusivamente all’età dell’oro: «Era Yama in India, Yina Xsaeta nell’Avesta antico-iranico (nome che in persiano è diventato Jamshid), Saeturnus e poi Saturnus in latino. Saturno o Kronos era noto sotto molti nomi come il Sovrano dell’Età dell’Oro… Era il Signore della Giustizia e delle Misure». (9) Questo Saturno-Kronos, in cui è difficile distinguere gli apporti greci da quelli specificamente etrusco-laziali, venne detronizzato da Zeus che lo gettò dal carro, esiliandolo in un’isola desertica ove dimora addormentato perché, essendo immortale, non può morire: vive in una specie di vita-nella-morte, avvolto in lini funerari fino a quando non verrà il tempo destinato al suo risveglio, ed egli allora rinascerà a noi come bambino; rinascita che coinciderà con l’inizio del nuovo ciclo.
Questo mito è simbolicamente analogo a un rito che si svolgeva ogni anno a Roma durante la festa del dio. Macrobio narra che i legami in cui veniva serrata la statua di Saturno nel tempio ai piedi del Campidoglio, venivano sciolti il giorno della sua festa (10), quasi potessero ritornare, sia pur per breve durata «quelle condizioni la cui apparente contraddittorietà ci aveva sinora stupito», commenta Renato Del Ponte: «da una parte la notte e la confusione dell’indeterminato, dall’altra la gioia e il lucore di una lontana età di pienezza». E soggiunge: «Lo scioglimento del dio sta semplicemente a significare, secondo le leggi della magia simpatica, lo scatenamento della sua forza (benefica, ma nel contempo ambigua, come tutto ciò che è anteriore all’inizio), nel tempo sacro che la sua festa ogni anno riammette nella comunità» (11).
Per questo motivo i giorni “solstiziali” fino a Capodanno sono vissuti, spesso inconsapevolmente, nell’apparente contraddizione fra euforia, confusione e desiderio di rinnovamento, fra mortificazione, penitenza (l’Avvento) e attesa di una palingenesi. Saturno, dio contraddittorio, regna su queste contraddizioni solstiziali, ma regna anche con un ambiguo sorriso, quello di Colui che ha le chiavi del Grande Gioco cosmico. Egli infatti è il dio che chiude un ciclo e ne apre uno nuovo, che ritira simbolicamente i dadi dalla tavola e li rigetta formando nuove combinazioni. Non si è parlato a caso di dadi: non è soltanto una metafora, perché il gioco d’azzardo era strettamente connesso con il dio, tanto che a Roma era permesso giocare soltanto durante i Saturnalia. Con il tempo, dopo tante modifiche e aggiunte, il gioco d’azzardo è stato introdotto nel banchetto privato e considerato un divertimento privato. Ma all’origine era sacro.
Come ha osservato Margarethe Riemschneider nel saggio sui Saturnalia (12), l’enigmatico dio non è soltanto Colui che regna sulla notte solstiziale, non soltanto Colui che regna sull’Età dell’Oro, ma anche il Giocoliere supremo che possiede la chiave del Gioco Cosmico, ovvero di ogni ciclo: «Egli regola l’Ordine Universale con le mosse del suo bastone scettro», commenta Del Ponte (13). Molti di noi hanno giocato alla tombola nei giorni natalizi: ebbene, questo gioco non è se non il ricordo sbiadito del Grande Gioco del dio e parallelamente del gioco-oracolo con il quale anticamente, e non soltanto a Roma, si cercava di capire la nostra collocazione nel cosmo.
La sovrapposizione del Natale cristiano alle antiche usanze cristiane ha reso meno riconoscibili queste altre usanze che pure, come quella della tombola, continuano a sussistere. Margarethe Riemschneider le ha studiate nel saggio che si è già citato. Ma persino i comportamenti più banali, come ad esempio l’usanza di sbarazzarsi degli oggetti inservibili nella notte di San Silvestro, o la confusione euforica delle ore che precedono il Capodanno sono un segno che certi archetipi sono radicati nella psiche e non soggetti all’usura del tempo. D’altronde non si dice anche “Anno nuovo, vita nuova”? Pare un detto banale, eppure si ricollega perfettamente ai giorni su cui regna enigmaticamente Saturno.

NOTE

4 – Angelo Brelich, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma 1955, p. 89.

7 – Virgilio, Eneide VII, 319; Ovidio Fasti I, 239.

8 – Macrobio, cil. 1, 7, 18.

9 – Giorgio de Santillana e Herta von Dechend, Il mulino di Amleto, Milano 1983, pp. 179 ss.

10 – Macrobio, cit. I, 8, 15.

11 – Renato Del Ponte, Dèi e miti italici, Genova 1985, pp. 104 e 119.

12 – Margarethe Riemschneider, Saturnalia in “Conoscenza religiosa”. n. 4. 1981 e n. 1-2, 1982.

13 – Renato Del Ponte, cit., p. 106.

Re: De Arte Sacra Agriculturae

22/12/2009, 14:58

Desidero riportare all'attenzione di tutti altri brani dello storico delle religioni Mircea Eliade, che, seppure un po' datati, sono a parer mio davvero molto ispirati e penetranti. Si tratta di estratti da "Trattato di storia delle religioni" (1948) edizioni Universali Bollati Boringhieri 2007.

"Riti agrari"

L'agricoltura rivela in modo più drammatico il mistero della rigenerazione vegetale. Nel cerimoniale e nella tecnica agricola, l'uomo interviene direttamente; la vita vegetale e il sacro della vegetazione non sono più per lui cosa esterna: egli vi partecipa, manipolandoli e scongiurandoli. Per l'uomo <<primitivo>>, l'agricoltura, comeogni altra attività essenziale, non è semplice tecnica profana. Essendo in relazione con la vita e ricercando l'accrescimento prodigioso della vita presente nei seimi, nei solchi, nella pioggia e nei geni della vegetazione, l'agricoltura è anzitutto un rituale. Così fu agli inizi, ed è così ancor oggi nelle società agrarie, anche nelle regioni più civili d'Europa. L'agricoltore penetra e si integra in una zona ricca di sacro; i suoi gesti, il suo lavoro sono responsabili di conseguenze importantissime, perché si compiono entro un ciclo cosmico, e l'anno, le stagioni, l'estate e l'inverno, il periodo delle semine e quello del raccolto, fortificano le proprie strutture e prendono ciascuno un valore autonomo.
Dobbiamo fin d'ora richiamare l'attenzione sull'importanza che assume il tempo, il ritmo delle stagioni, nell'esperienza religiosa delle società agrarie. L'agricoltore non è legato soltanto alle zone sacre <<spaziali>> - la zolla feconda, le forze attive dei semi, delle gemme, dei fiori - anzi il suo lavoro è integrato e comandato da un complesso temporale, il volgere delle stagioni. Questa solidarietà delle società agrarie con cicli temporali chiusi spiega numerose cerimonie collegate all'espulsione dell'<<anno vecchio>> e all'arrivo di quello nuovo, all'espulsione dei <<malanni>> e alla rigenerazione dei <<poteri>>, cerimonie che si ritrovano un po' dappertutto in simbiosi con i riti agrari. Ora i ritmi cosmici precisano la loro coerenza e accrescono la loro efficacia. Una certa concezione ottimistica dell'esistenza comincia a farsi strada in seguito al lungo commercio con la gleba e le stagioni; la morte si dimostra null'altro che un mutamento provvisorio del modo di essere; l'inverno non è mai definitivo, perché è seguito da una rigenerazione totale della Natura, da una manifestazione di forme nuove e infinite della vita; nulla muore realmente, tutto si reintegra nella materia primordiale e riposa aspettando una nuova primavera. Tuttavia, questa concezione serena e consolante non esclude il dramma. Qualsiasi valorizzazione del mondo basata sul ritmo, sull'eterno ritorno, non può evitare i momenti drammatici; vivere ritualmente nei ritmi cosmici significa anzitutto vivere in mezzo a tensioni molteplici e contraddittorie.
Il lavoro agricolo è un rito, non soltanto perché è compiuto sul corpo della Terra-Madre e perché mette in moto le forze sacre della vegetazione, ma anche perché implica l'integrazione dell'agricoltore entro certi periodi di tempo benefici e nocivi; perché è attività accompagnata da pericoli (ad esempio, la collera dello spirito che era padrone del terreno prima della coltivazione); perché presuppone una serie di cerimonie, di origine e struttura diverse, destinate a promuovere la crescita dei cereali e a giustificare il gesto del contadino; infine perché introduce quest'ultimo in un dominio che si trova, in un certo senso, anche sotto la giurisdizione dei morti ecc. "..."

Continua...

Re: De Arte Sacra Agriculturae

24/12/2009, 22:09

Caro Sunmyra,
ho cominciato a leggere quanto hai postato: ti faccio i complimenti. Non capita spesso di incontrare un giovane come te che conosce Mircea Eliade, uno tra i più grandi storici delle religioni.
Ritorno a leggere anche se faccio una gran fatica al PC,
Marco

Re: De Arte Sacra Agriculturae

25/12/2009, 0:59

Marco fai come me stampa !!! anch'io faccio una fatica tremenda a leggere sul pc ciao nadia48.

Re: De Arte Sacra Agriculturae

25/12/2009, 8:50

Sono profondamente convinta che la vita andrebbe vissuta come un percorso iniziatico e le opere (qualsiasi esse siano, anche agricole!) messe in atto nel pieno della loro sacralità, consapevoli di essere parte di una meccanica superiore universale, con le sue Leggi, che dobbiamo assolutamente rispettare. questo ci permetterebbe di trarre significato dal vivere stesso, di tendere alla perfezione di quell'essere perfettibile che siamo, di ritrovare quell'armonia perduta....
ognuno di noi è libero di dare un senso superiore alla propria vita, grazie al libero arbitrio che ci appartiene, e la Consapevolezza è la prima Libertà....

Tre uomini spaccano pietre in un luogo dove sorgerà una cattedrale. Passa un viandante e chiede al primo: "Cosa fai tu ?" "Non lo vedi ? - risponde. - Spacco le pietre".
Il viandante chiede al secondo: "E tu ?" Risposta: "Mi procuro di che vivere per me e per la mia famiglia". Infine il terzo. "E tu, cosa fai ?" chiede il viandante. "Io - è la risposta - sto costruendo una cattedrale".


Chi di loro stava veramente costruendo una cattedrale?
Senz'altro colui che ne era consapevole...
bea
p.s. bellissimo argomento, sunmyra.

Re: De Arte Sacra Agriculturae

25/12/2009, 12:09

Ringrazio tutti per i complimenti e l'apprezzamento. Ma il mio merito è solo quello di aver trascritto e riportato all'attenzione di voi forumisti certe tematiche, poco più. Il grosso l'anno fatto questi studiosi, di cui conto di riportare a breve altre testimonianze.
Ripeto che questa, essendo per l'appunto una discussione, vuol esser oltre che un luogo di lettura, anche di confronto.
Per quanto mi riguarda sono fortemente convinto che se vogliamo uscire dal pantano in cui versa la nostra civiltà, ci voglia un netto cambio di paradigma o se vogliamo di filosofia, che sta alla base dei nostri atti. Un cambiamento che dovrebbe ripartire proprio anche da una riscoperta, da una nuova consapevolezza di ciò che facciamo (e non parlo solo dell'agricoltura). Dunque anch'io mi sento vicino alla linea tratteggiata da Bea con la sua istruttiva "parabola" dei costruttori di cattedrali. Anche se ammetto sinceramente che giorno dopo giorno, si sperimenta la fatica di mantenersi in questa consapevolezza e tante volte cadiamo banalmente nel pressapochismo e lasciandosi distrarre dall'esterno. Ma ciò non significa che non valga comunque la pena battersi!

Fa piacere a me, caro Marco, sentire che anche tu conosci Mircea Eliade. Davvero un grande studioso, che ha dato una grande svolta all'interpretazione dei fenomeni religiosi, superando i pregiudizi positivistici e spesso molto superficial,i del XIX secolo. Anche lui fa parte del mio "bagaglio culturale", che s'intreccia e tenta, in un modo o nell'altro, di approfondire anche la mia attività di agricoltore.
Anche a me dà fastidio leggere pagine troppo lunghe sul pc. E come Nadia84 tendo a stampare ciò che m'interessa.

Saluti!

Re: De Arte Sacra Agriculturae

25/12/2009, 15:18

perdonami sunmyra, ma partendo volentieri da testi che inducono alla riflessione, poi mi incuriosiscono le deduzioni e le conseguenti attuazioni di noi umani... tu, come traduci i principi di cui stiamo parlando, nel quotidiano?
bea
p.s. anche io ho letto diverse cose di guenon... complesso a dismisura, ma ho pensato, come sempre penso quando un testo mi risulta "tosto", che forse ancora non sono pronta per capirlo....
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