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LE VOSTRE TARTUFAIE 
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Iscritto il: 15/05/2016, 21:06
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Paolo quello a cui ti riferisci è un disciplinare adottato dal Piemonte e dal Veneto se non ricordo male...
In Umbria già cambia e il minimo è il 40% , a seconda del tipo di inquinante rilevato il lotto può essere scartato o ricontrollato in un secondo momento.
Un particolare inquinante di cui però non ricordo il nome , compare solo in caso di eccesso di umidità , quindi in un primo momento il lotto potrebbe non essere idoneo ma in un secondo momento sì e comunque non devono essere tra quelli considerati pericolosi per le micorrize ed essere presenti in piccole tracce altrimenti il lotto si scarta.
Ho visitato un grosso vivaio ben noto umbro e visto come lavorano , di lotti scartati seguendo le rigorose procedure non ce ne sono , al massimo la micorrizazione non rientra nei parametri ma basta aspettare qualche mese in più e le radici risultano percentualmente più micorrizate.
Come si può leggere nell'articolo anche la ricercatrice suggerisce l'utilizzo di piante locali o di zone limitrofe per garantire un risultato migliore ma in mancanza di altro uno si dovrebbe rivolgere al vivaio più affidabile che sia vicino alla propria zona.
Ormai il controllo biomolecolare dell'inoculo e delle micorrize viene fatto anche da noi , ovviamente non tutti i produttori di piante se ne avvalgono però....
Comunque ognuno è libero di fare le proprie scelte , di vivai italiani che lavorano bene ce ne sono , di tecnici e enti pubblici bravi che controllano le piante con i metodi più recenti ed avanzati ci sono , non vedo perchè dover andare a prendere le piante all'estero pagandole anche più care.....


12/09/2017, 12:31
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Io nn dico che le NS nn siano buone.é tarti che diceva che i francesi non fossero capaci.il discorso é diverso. La norma sulle piante micorrizate é quella usata anche in centro Italia.si può reperire in internet.ovvio che piante con tomentella vengano scartate xo é possibile trovare inquinanti.visto che nn pregiudicano la micorrizazione e visto che il controllo riguarda l uno o due per cento di piante


12/09/2017, 13:29
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Infatti 10-20 piante su 1000 non è tanta roba ma se i campioni sono uniformi indicano lo stato del lotto con buona approssimazione.
Comunque i disciplinari cambiano da regione a regione ora in Umbria le piante devono avere almeno il 40% degli apici micorrizati e chi lavora bene non ha particolari problemi di inquinanti.
Le piante autoprodotte o fatte in serre senza gli adeguati accorgimenti sono a grave rischio quindi comprando da vivai noti e registrati come produttori di piante micorrizate che vengono certificate da enti esterni , grossi rischi non se ne corrono.
Io per le piante mi rivolgerò a vivaisti Italiani di provata esperienza e qualità.


12/09/2017, 16:46
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A me in Umbria risulta 35 minimo.ormai sono molti i vivaisti affidabili.c e chi fa anche il DNA.cmq visto che si parla di una percentuale su lotti riveste importanza il controllo dopo due anni delle piante messe a dimora x sapere se ci sono problemi.io ho preso piante della zona.questo inverno voglio provare a frmi fare le sughere.


12/09/2017, 19:17
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Calma ragazzi! :D :D :D
La qualità delle piante ormai si è standardizzata ovunque , nei vivai seri e professionali ovviamente.......
I disciplinari cambiano da regione e regione , per quelle che hanno deciso di stabilirne uno ovviamente.
L'ultimo fatto in umbria è molto valido , peccato che sia un po troppo distante altrimenti le avrei prese tranquillamente dove conosco. :)
Anche nelle marche sono stati piantati milioni di piante micorrizate ( a Sant'angelo la produzione si aggira sulle 60K/anno) e se solo la metà fosse entrata in produzione sarebbero sommersi dai tartufi ma così non è...... :D :D
Questo significa che producono piante fatte male?
Io non lo penso è probabile piuttosto che ci siano stati errori di valutazione e messe a dimora in luoghi che molto probabilmente non erano adatti , oppure che la maggior parte di quelli che le hanno fatte pensassero che sarebbe bastato fare un buco , metterci una pianta , guardare e aspettare , che era un po la credenza popolare più diffusa.....
Una tartufaia per diventare tale deve essere curata e seguita facendo scelte oculate fin dal principio con le piante ben micorrizate della specie corretta e adatta all'ambiente e al clima del sito prescelto , poi i risultati arrivano questo è sicuro.
Paolo in merito alla sughera non mi trovi molto d'accordo sul suo utilizzo in tartuficoltura da noi.....i terreni dove si sviluppa (adora quelli acidi e sub acidi anche se si adatta a quelli sub alcalini) e cresce bene sono un po al limite per la tartuficoltura , melanosporum per me escluso a priori , se vuoi fare esperimenti scorzone o bianchetto ma se nessuno la micorriza un motivo c'è......


12/09/2017, 21:15
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Mi farò fare una ventina di piante di scorzone.dicono che le sughere siano buone.anche i carpini bianchi non li fa quasi nessuno x motivi pratici, ma sono ottimi.


12/09/2017, 21:26
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La normativa sulla certificazione l ho presa da un lavoro di bencivenga relativa proprio alla Umbria.ma la medesima normativa l ho trovata in toscana marche ed emilia dove mi pare chiedano il DNA se nn sbaglio


12/09/2017, 21:30
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Saranno anche ottimi ma nei loro ambienti ideali questo per me è fondamentale e l'ho ripetuto più volte nei miei post , la pianta deve essere spontanea nell'ambiente in cui si decide di fare la tartufaia altrimenti aggiungi un incognita alla riuscita e meno incognite ci sono più probabilità di riuscita ci saranno. :lol:
Poi non è detto che una pianta non autoctona diventi una buona produttrice ma per quanto tempo lo sarà?
Io sono decisamente inesperto l'esperienza sul campo per me inizierà il prossimo anno ma come vedi documentandomi e leggendo mi sono fatto le mie idee e cercherò di mettere in pratica tutti gli insegnamenti appresi al corso parlando con persone che hanno fatto la storia della tartuficoltura in Italia gente che in 30-40 anni ne ha viste di tartufaie ed ha affrontato le situazioni più disparate , ciò nonostante nemmeno loro conoscono tutte le risposte.....
In questo campo , come in molti altri , l'esperienza reale è fondamentale ogni tartufaia è diversa per qualche aspetto e quindi diversi dovranno essere gli accorgimenti per cercare di sfruttarla al meglio.
Io sono dell'avviso che per iniziare si devono seguire le regole fondamentali che hanno portato ad ottenere risultati in questo campo e in questo caso i risultati si avranno e se poi non saranno quelli sperati si cercherà di analizzare la situazione specifica per capirci qualche cosa ma l'inizio della produzione è già sinonimo che qualche cosa di buono si è fatto. :)
Spero vivamente di essere qui a leggervi e scrivere le mie esperienze per i prossimi anni a venire! ;)
Le notizie che ho scritto sono freschissime credimi ora in Umbria il minimo è 40% con controllo DNA inoculo e poi controllo DNA micorrize quindi direi che la qualità è ben garantita.
Altre regioni hanno quelle che hai letto ma si sta lavorando per uniformare e avere un disciplinare e metodi di controllo comuni a tutti ma sarà molto difficile.


12/09/2017, 21:54
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sono molti gli ambienti dove vengono messe piante non proprie dei luoghi d'origine, ma producono lo stesso. se avessero ragionato così gli spagnoli o i neozelandesi adesso non avrebbero le montagne di tartufi che esportano. la tartuficoltura resta una coltura artificiale e bisogna fare in modo di avere il massimo per il maggior numero di anni.


12/09/2017, 22:12
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Certamente non c'è nulla di scontato ma i grossi produttori guardano al tanto e subito cosa che per noi , per i quali non è un lavoro ma una passione che ci può aiutare a sbarcare il lunario , è improponibile.
I mercati sono inondati di prodotti si bassa qualità , in Australia vendono il Melanosporum a 2000$ al kg e al grossista a 750 , poi ci sono le lobby che vendono a 750$ al dettaglio e tagliano fuori i piccoli produttori ma cosa vendono?
Noi non potremmo mai competere sulla quantità , ma la qualità viene sempre apprezzata , ovviamente devi avere chi la cerca , la riconosce e l'apprezza e sono le persone che ti compreranno sempre il tartufo a prescindere.
L'ambiente e la pianta simbionte devono sposarsi a meraviglia solo così sarai certo dei risultati e della loro durata , poi magari tutto può accadere le variabili incontrollabili sono sempre in agguato , ma le forzature nel tempo iniziano sempre a scricchiolare in Australia e Nuova Zelanda hanno un grosso vantaggio , in natura il tartufo ha pochi antagonisti ma quando anche la le specie autoctone si adatteranno e prenderanno le contromisure cosa succederà?
Quando le piante non autoctone verranno colpite da malattie a cui non sono abituate che fine faranno?
Probabilmente non saremo qui a vedere cosa sarà successo a quelle piantagioni , ma dove in natura si trova il tartufo lo si troverà sempre , magari in quantità minori in quanto abbiamo devastato e saccheggiato l'habitat ma le spore se ne staranno li e aspetteranno il momento opportuno per tornare a germinare perché quello è il loro ambiente ideale e le piante sono ideali a quell'ambiente.
La natura è sempre stata autosufficiente e se riuscissimo a copiarla solo in parte i risultati non tarderebbero.
Forse la mia è una visione troppo semplicistica ma è con le cose semplici che si inizia e si va avanti.


12/09/2017, 22:40
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