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MARZOLINO ROSSO. 
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Ciao a tutti, vi posto la lavorazione relativa a questo formaggio di pecora a latte crudo, tipico dell’entroterra toscano. E’ un prodotto che deve le sue origini a circa 500 anni fa e, ad oggi, viene prodotto ormai da pochissime aziende. E’ un formaggio che come da tradizione, prevede l’uso del caglio vegetale di cardo (oggi aimè, nella maggior parte dei casi viene sostituito con il caglio liquido di vitello). La particolarità di questo prodotto, oltre al caglio di cardo, è che la sua superficie, subisce un trattamento particolare a pochi giorni di distanza dalla sua produzione,
infatti, la crosta viene trattata (come da tradizione antica) con della “morchia”.
La morchia non è altro che quel sedimento di deposito scuro/brunastro che vediamo a volte sul fondo delle bottiglie di olio. Questa morchia, spalmata sulla forma, a contatto con l’ossigeno, con il passare dei giorni assume una colorazione rosso/arancio, rendendo questo formaggio inattaccabile da agenti esterni, conferendogli il classico ed originale colore rosso.
Oggi la morchia che in pochi utilizzano, anche perché bisogna rivolgersi ai frantoi e farsela mettere da parte, è stata sostituita con una miscela di olio di oliva e doppio concentrato di pomodoro. In questo modo si riesce ad ottenere lo stesso effetto visivo della crosta del formaggio. Un’altra particolarità di questo antico formaggio, è la particolare forma a trapezio che ha; io non avendo la forma a trapezio, l’ho fatto in una classica formetta in PVC che utilizzo anche per altri formaggi.
Ma adesso passiamo alla lavorazione.
Sono partito da 3 litri di latte di pecora, di cui 200 ml l’ho tenuto da parte per preparare un lattoinnesto.
Riscaldo il latte fino a 30 gradi ed aggiungo il lattoinnesto nell’ordine del 3%, mescolo e lascio fermo per 20 minuti.
Riporto la temperatura a 30 gradi ed aggiungo 6 ml di caglio di cardo (nell’ordine di 200 ml per 100 litri di latte da lavorare), mescolo mezzo minuto ed in coperchio.
Dopo 50 minuti, la cagliata è pronta e faccio il primo taglio in quadrati 5*5, lascio così per 15 minuti.
A questo punto faccio secondo taglio con frusta riducendo la cagliata alla grandezza di chicco di grano e, lascio depositare la cagliata sul fondo della pentola.
Dopo 10 minuti di attesa, estraggo e distribuisco in fuscella, esercitando una notevole pressione manuale, per favorire un’elevata espulsione di siero.
Lo stesso siero, lo tengo da parte per poter produrre ricotta.
La forma del marzolino, la lascio a temperatura ambiente (18-20 gradi) ed in fuscella per 24 ore, girandola spesso, soprattutto nelle prime 2 ore.
Trascorse le 24 ore, applico salatura a secco nell’ordine del 2.5% e lascio ancora a temperatura ambiente per 24 ore. Durante questo periodo, la forma continuerà ad espellere altro siero in eccesso.
A questo punto, tolgo la forma dalla fuscella, la asciugo per bene e la metto ad asciugare all’aria aperta per 48 ore, dentro ad un panno precedentemente sterilizzato con acqua bollente. Lego questo fagotto e lo lascio appeso alla maniglia dello scolapiatti.
Ho cambiato la stoffa ogni 12 ore praticamente e rivoltavo la forma ogni 12 ore.
A questo punto, la forma si presenta bella asciutta, ed opto per il trattamento in crosta;
miscelo un cucchiaio di olio extra vergine di oliva con doppio concentrato di pomodoro e spalmo il miscuglio sulla superficie dello scalzo e del primo piatto, dopodiché, ripongo in frigo a 8 gradi ed umidità 78/80%.
Il giorno dopo, spalmo lo stesso miscuglio sull’altro piatto, rivoltando ovviamente la forma e la ripongo in frigo alle stesse condizioni di temperatura ed umidità.
La stagionatura andrà avanti dai 20 ai 30 giorni, ma nessuno vieta di stagionarlo anche fino a 60-70 giorni. Generalmente quelli che si trovano in commercio sono freschi ed hanno subito una stagionatura di 3-4 settimane.
Vi saluto tutti e a presto per eventuali aggiornamenti, per il taglio e l’assaggio.


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Commento file: Tre litri di latte di pecora.
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Commento file: Riporto latte a 30 gradi dopo che il lattoinnesto ha agito (non ho fatto le foto del passaggio del lattoinnesto, chido scusa).
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Commento file: Aggiunta caglio vegetale di cardo.
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Commento file: Mescolamento latte e caglio.
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14/12/2013, 17:10
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Commento file: Primo taglio a cubi5*5.
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Commento file: Secondo taglio a chicco di grano.
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Commento file: Messa in fuscella e pressatura manuale.
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Commento file: Stufatura a temperatura ambiente.
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Commento file: Marzolino prima della salatura a secco.
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Commento file: Asciugatura nel telo a temperatura ambiente.
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Commento file: Marzolino dopo asciugatura nel telo.
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Commento file: Marzolino dopo asciugatura con telo.
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Commento file: Preparazione miscuglio olio-doppio concentrato di pomodoro.
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Commento file: Trattamento superficie marzolino.
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Commento file: Trattamento superficie marzolino.
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Ciao Gilberti, sempre attivo ;) Bravo!!!
Tempo fa avevo letto la ricetta del Marzolino, ma era ben diversa da quella da te postata!!!
Avevo letto che subiva un taglio a nocciola per quella da mangiare subito, e a mais per quella da stagionare..
Mentre un altra diceva; subiva cottura e pressatura..
Ma, quale sarà quella giusta!!!

Intanto grazie, per essere cosi disponibile e mettere le tue conoscenze a tutti noi!!!
Mattleyy!!!


15/12/2013, 11:21
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Mattleyy ha scritto:
Ciao Gilberti, sempre attivo ;) Bravo!!!


Cerco di mantenere in forma ................il palato :mrgreen:

Mattleyy ha scritto:
Tempo fa avevo letto la ricetta del Marzolino, ma era ben diversa da quella da te postata!!!
Avevo letto che subiva un taglio a nocciola per quella da mangiare subito, e a mais per quella da stagionare..
Mentre un altra diceva; subiva cottura e pressatura..
Ma, quale sarà quella giusta!!!
Mattleyy!!!


Fidati che la ricetta tradizionale di questo formaggio, prodotto nel chianti toscano, fino alla valle di Pienza, è quella che ho postato.
E' una ricetta antichissima che, purtroppo oggi non viene più seguita alla lettera e a volte viene totalmente stravolta. Pensa che oggi c'è chi oltre a sostituire il caglio di cardo con caglio di vitello, miscela il latte ovino con quello vaccino, oppure utilizzano latte pastorizzato,perdendo quindi non solo la tradizione ma soprattutto il vero sapore che questo formaggio dovrebbe avere. Si chiama Marzolino, perchè come dice la tradizione, è un formaggio che fatto con questo metodo, a latte crudo, nel mese di marzo, si ottiene un prodotto superlativo e stupendo, perchè in questo periodo agli albori della primavera, le pecora mangiano erba appena germogliata e tenera, conferendo al latte dei sapori particolari. Quindi in pratica prende il nome dal mese di Marzo.
Il taglio è a grandezza mais-grano, viene pressato con energia e la pasta non subisce alcuna cottura, fidati.
Te lo dico anche perchè il marzolino che ho visto e toccato,stagionato 5 settimane, ha una crosta "fresca", molto ben diversa da una crosta di un formaggio che è stato sottoposto a cottura o semi-cottura e, la consistenza interna è molto morbida spingendo con il dito. :D
Ho fatto numerose ricerche sul web, è tutti i procedimenti che ho trovato, più o meno dicono questo.

Mattleyy ha scritto:
Intanto grazie, per essere cosi disponibile e mettere le tue conoscenze a tutti noi!!!
Mattleyy!!!



Figurati è un piacere immenso condividere con qualcuno le stesse passioni e poi, sono qua per imparare; ognuno di noi, dalla altre persone, impara e nello stesso tempo insegna qualcosa.

Grazie e a presto. ;)

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15/12/2013, 13:10
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Non puo essere un marzolino... siamo a dicembre :mrgreen: :mrgreen:
Complimenti gil

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Il rugby è stato inventato dai gentlemen per reagire alla moda fin troppo plebea e stradaiola della pedata: però per non restare troppo delusi, converrebbe meglio nascere in Nuova Zelanda.
(Gianni Brera)


15/12/2013, 13:52
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tsunaseth ha scritto:
Non puo essere un marzolino... siamo a dicembre :mrgreen: :mrgreen:
Complimenti gil



Giusto, è un dicembrino, anzi.............................un natalino visto il periodo. :mrgreen: :mrgreen:

Grazie Tsuna. :D

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15/12/2013, 17:44
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Cita:
oppure utilizzano latte pastorizzato,perdendo quindi non solo la tradizione ma soprattutto il vero sapore che questo formaggio dovrebbe avere.


Capisco che tenere vive le tradizioni non sempre è possibile, ormai avere un latte sano privo di carica batterica non è da tutti, se poi ci mettiamo anche la mancanza di veri pascoli autoctoni che danno i profumi e il sapore al formaggio diventa una catastrofe.
Per questo molti nonostante vietato dal disciplinare, pastorizzano il latte e inoculano i fermenti, perche lavorandolo a latte crudo oltre ad avere a che fare con palloni che poi si spaccano, sono privi di sapore.."immangiabili"
Questo te lo dico per esperienza, sono sempre stato contrario alla pastorizzazione, in quanto l'inoculo di fermenti appiattisce i sapori..
Ma quando non hai la certezza di un prodotto dok, oltre il rischio di buttare il prodotto hai una perdita notevole di €€€€.
Sai che il fiore sardo inizialmente si cagliava con il caglio di cardo, da questo deriva il nome di fiore, sostituito dal caglio in pasta di agnello, per disciplinare "scritto con i piedi" è vietata la pastorizzazione e l inoculo di qualsiasi starter, invece raramente lo rispettano.
C'è una ditta di fermenti, che ha un fermento chiamato fiore sardo, immaginati come siamo messi!!!


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15/12/2013, 20:16
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Mattleyy ha scritto:
Cita:
oppure utilizzano latte pastorizzato,perdendo quindi non solo la tradizione ma soprattutto il vero sapore che questo formaggio dovrebbe avere.


Capisco che tenere vive le tradizioni non sempre è possibile, ormai avere un latte sano privo di carica batterica non è da tutti, se poi ci mettiamo anche la mancanza di veri pascoli autoctoni che danno i profumi e il sapore al formaggio diventa una catastrofe.
Per questo molti nonostante vietato dal disciplinare, pastorizzano il latte e inoculano i fermenti, perche lavorandolo a latte crudo oltre ad avere a che fare con palloni che poi si spaccano, sono privi di sapore.."immangiabili"
Questo te lo dico per esperienza, sono sempre stato contrario alla pastorizzazione, in quanto l'inoculo di fermenti appiattisce i sapori..
Ma quando non hai la certezza di un prodotto dok, oltre il rischio di buttare il prodotto hai una perdita notevole di €€€€.
Sai che il fiore sardo inizialmente si cagliava con il caglio di cardo, da questo deriva il nome di fiore, sostituito dal caglio in pasta di agnello, per disciplinare "scritto con i piedi" è vietata la pastorizzazione e l inoculo di qualsiasi starter, invece raramente lo rispettano.
C'è una ditta di fermenti, che ha un fermento chiamato fiore sardo, immaginati come siamo messi!!!




Sono perfettamente d’accordo con il tuo pensiero Mattleyy, è vero che a volte rispettare le vecchie tradizioni risulta essere un po’ difficile, ma questo secondo me è soltanto dovuto ad una pigrizia mentale e a poca voglia di tramandare queste tradizioni da generazione a generazione, forse anche perché si va a cercare sempre una scorciatoia per arrivare in qualche modo all’obbiettivo finale. A volte si rinuncia a delle piccole cose ed accortezze solo perché magari richiedono più attenzione e quindi al mondo d’oggi, soffermarsi troppo su alcune cose, risulta essere anti-economico, poco produttivo, quindi per oltrepassare questi ostacoli si ricorre ad altri metodi di produzione casearia. In questo modo però i sapori, profumi e bontà di alcuni prodotti vanno a morire.
Sarà il fatto che io sono molto attaccato alle tradizioni culinarie, forse perché sono vissuto in un paesino dove tutto ma proprio tutto viene prodotto rispettando ricette, metodologie tramandate nei secoli dai familiari, dai formaggi al vino, dall’allevare bestiame al produrre pane, dal produrre mieli, marmellate, dal modo in cui si coltiva, tutto insomma.
Poi mi chiedo se oggi è difficile avere un “latte sano”, in un mondo in cui il bestiame viene munto artificialmente con mungitrici e viene sottoposto a controlli periodici, gli ambienti in cui viene lavorato il medesimo latte, sono super sterilizzati e puliti, mi chiedo allora 50-60 anni fa era impossibile avere un formaggio a latte crudo “buono”.
Credo che prima il bestiame veniva munto esclusivamente a mano e gli animali non erano sottoposti a controlli periodici.
Il pastore che mungeva gli animali, sicuramente non aveva mani pulitissime perché faceva altre mille faccende in azienda, gli ambienti e gli utensili, non venivano sterilizzati come avviene oggi, eppure facevano dei formaggi da urlo.
Questo vuol dimostrare quello che ho detto prima e cioè che dedicando il giusto tempo e le giuste attenzioni a tutto il sistema produttivo, si riescono ad ottenere poi dei prodotti unici e sani.
Quando vado giù in Basilicata, mi accorgo della differenza dei formaggi; assapora prodotti che vengono fatti da persone anziane che rispettano tutto il sistema produttivo di un tempo.

Si so che il fiore sardo da tradizione si coagula con il caglio di cardo.

Non so invece che addirittura esiste un fermento chiamato fiore sardo.
Grazie.

Chiedo scusa ai moderatori se magari negli ultimi due messaggi siamo andati un po’ OT.

Ciao a tutti.

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15/12/2013, 22:12
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