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Mugello patrimonio Unesco? 
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Mugello Patrimonio UNESCO? Comunità Montana e Comuni ci credono
Visita del presidente della commissione italiana, si stanno verificando i presupposti per la candidatura in categoria

Mugello patrimonio mondiale dell’Unesco? E’ un’idea affascinante, suggestiva... forse un sogno. Le istituzioni locali comunque ci credono e stanno lavorando per verificare se esistano le condizioni per una eventuale candidatura. E questo grazie al sostegno bipartisan degli onorevoli Riccardo Migliori (Pdl), promotore dell’iniziativa, e Rosa De Pasquale (Pd). Un’iniziativa che le amministrazioni locali, a partire dalla Comunità Montana Mugello, stanno perseguendo con impegno e passione. Se ne è potuto rendere conto di persona il presidente della Commissione nazionale italaina per l’Unesco, il prof. Giovanni Puglisi, che la settimana scorsa è stato in visita per 24 ore in Mugello ed ha incontrato i sindaci insieme al presidente della Comunità Montana Stefano Tagliaferri. Una “full immersion” per conoscere i luoghi più significativi di quella che un tempo era la terra dei Medici come anche di Giotto. La proposta di candidatura, per cui si stanno valutando se vi siano i presupposti, riguarda la categoria del “Paesaggio culturale”, paesaggio inteso come patrimonio, dimensione dell’interazione tra valore storico, bellezze naturali e ambientali, uso del suolo e antichi lavori, in prossimità di Firenze.

(da sito rivistaunesco.it)

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11/11/2012, 19:16
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Il popolo dei castagni e il Mugello nell'Unesco
La svolta negli anni Ottanta: ora l’occasione di diventare patrimonio dell’umanità. Chi ha salvato i boschi secolari. E quella passeggiata a Moscheta

Il Mugello nel patrimonio mondiale dell’Unesco? Se ci riuscirà, sarà grazie ai suoi castagni secolari. Fu proprio durante una visita in Mugello, nel 2010, che Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana dell’Unesco, decise che quei monti e quelle valli avessero pieno diritto di entrare nel ristretto novero dei paradisi da conservare. In particolare, fu una lunga passeggiata a Moscheta, nel comune di Firenzuola, a mandare in estasi la delegazione: in mezzo a un fitto bosco di abeti ti spunta davanti all’improvviso l’ampia radura dei «castagni monumentali», alberi altissimi, vecchi di secoli, con tronchi dal diametro fino a sei, sette metri. Ma quel che colpisce in quel paesaggio da sogno, tra lo scatto improvviso di un cervo e il balzo di un capriolo, è l’ordine perfetto dei colori, gialle le chiome, rosso il terreno ricoperto di foglie. Non c’è, come non c’era quando i boschi erano ancora luoghi vissuti, il solito groviglio di arbusti infestanti, perché da qualche anno qui si è avviato un percorso di valorizzazione del bosco che oggi sta dando i suoi frutti.

Stefano Tagliaferri all’epoca della proposta all’Unesco era il presidente della comunità Montana e ora è raggiante per il rinnovato interesse manifestato dal presidente Puglisi verso il Mugello: «È motivo di soddisfazione vedere che il seme lanciato due anni fa trova ancora oggi il ricordo vivo del professor Puglisi — dice — Questo significa che la sostanza e le motivazioni c’erano tutte: una montagna vissuta, anche con storici e profondi legami con Firenze, non è un territorio da sopportare, ma è una risorsa culturale e naturale da riconoscere e sostenere anche di fronte al mondo globale». La scelta di difendere la tradizione dei castagni non è stata né inevitabile né scontata per il Mugello. Tra gli anni ’50 e gli anni ’70, la meccanizzazione dell’agricoltura e lo spopolamento delle campagne portarono all’abbandono della cultura del bosco, spiega il naturalista Giovanni Miccinesi. E per i castagni, giovani o secolari che fossero, tirava una brutta aria: vennero tagliati a migliaia per ricavare i tannini da destinare alle concerie. Oggi in Toscana si producono tra i 25 e i 30 mila quintali di castagne ogni anno, contro i 750 mila della fine degli anni ’40. Se oggi, specialmente in Mugello, il culto del marrone è tornato in auge, è stato grazie a una svolta radicale della cultura boschiva avvenuta negli anni ’80. Del resto, come racconta il professor Elvio Bellini, docente di arboricoltura all’Università di Firenze e responsabile del Centro di studio e documentazione del Castagno di Marradi, «i marroni italiani derivano quasi tutti dal ceppo fiorentino: tra questi, il marrone del Mugello è riconosciuto come il più buono, e rappresenta la nostra testa d’ariete in tutto il mondo». In Europa nessun’altra castagna può, a suo avviso, eguagliare il profilo nutrizionale dei marroni che crescono a Marradi.

(di Giulio Gori, Corriere Fiorentino)

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11/11/2012, 19:27
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