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L'argomento e' confuso, almeno per quanto riguarda l'apicoltura e, piu' in generale, l'agricoltura intesa come sostegno al reddito (cioe' minoritaria per tempo speso e guadagno rispetto ad un altra attivita' prevalente). Forse l'argomento andrebbe sollevato nell'ambito di una discussione piu' generale.

Stando al sito INPS, non ci sarebbe una soglia minima al di sotto della quale ci si puo' considerare hobbisti.
La fascia di ingresso va da un reddito agrario di zero a 232,40 euro, a cui corrispondono 156 giornate lavorative annue convenzionali.
E per queste l'apicoltore-agricoltore dovrebbe versare circa 1400 euro/anno se imprenditore agricolo, a cui si aggiunge la parte INAIL se considerato coltivatore diretto.

In sintesi, potrebbe capitare di vedersi recapitare cartelle esattoriali pregresse per gli ultimi cinque anni (perido di prescrizione INPS), con la richiesta di versamenti annui di cui sopra. Tutti insieme, anche con due famiglie di api.
Se qualcuno ne sa di piu' ...


02/12/2009, 19:29
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A quanto pare, nel caso dei coltivatori diretti, vale la clausola soggettiva per cui l'attività deve essere svolta abitualmente,cioè in forma esclusiva o almeno prevalente. Per attività prevalente deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto per il maggior periodo di tempo nell'anno.

Invece l'imprenditore agricolo professionale (ammesso che qualcuno riesca a spiegare se l'apicoltore medio/piccolo e' imprenditore agricolo o coltivatore diretto, assumento p. IVA + iscrizione registro imprese), comporta la clausola di spendere almeno il 50% di tempo e guadagno nell'impresa agricola. Questo si riduce al 25% nelle zone svantaggiate.
Dovrebbe significare che se l'apicoltore che vende miele, supera con questo un quarto del suo reddito totale, dovrebbe pagare i contributi INPS.
O no ?


02/12/2009, 19:54
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