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fermentatore per crauti 
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EL GIASO E I CRAUTI
1 maggio 2012 alle ore 10.55
Saggio

EL GIASO E I CRAUTI




Divagazioni letterarie con ricetta.
Dello stesso autore di "El gnoco e la gnoca": Quaderno n. 25.

OUVERTURE

"Io non capisco la gente che non ci piacciono i crauti, bisogna andar molto cauti ... perché, perché, perché.....
I crauti son quella cosa che si schiaffano dentro i barili, poi si vendono a chili, quattro etti, mezzo etto, a piacer....
No, no, non lo sapevo che la pistola era carica, certo l'avessi saputo non avrei fatto BUM!"
(Cochi e Renato)


IL TERMINE

Con i crauti non si scherza! Non conosco un solo proverbio che ne parli. Tutti i proverbi trattano del cavolo o dei cavoli:
- Testa di cavolo
- Fatti i cavoli tuoi!
- Non capisce un cavolo
- Che cavolo vuoi?
- Salvare capra e cavoli
- Entrarci come i cavoli a merenda
- Cavolo!
..... anche se attualmente il termine viene sostituito con il termine più naturale ed espressivo, anche se triviale, di "ca..o".
Forse proprio perché il termine crauti essendo di derivazione tedesca viene rispettato. Sauerkraut significa "cavolo acido".
Gli inglesi, leggevo sul Corriere delle Sera dei primi del gennaio 2003, affibbiavano il nomignoli di "crauti" ai teteschi già dalla Prima Guerra Mondiale, quando il Kaiser Guglielmo II, benché nipote della Regina Vittoria, e i suoi sudditi vennero bollati come Unni.
Il vocabolario della lingua italiana della Treccani li definisce come: "Prodotto alimentare, ottenuto dalle foglie del cavolo cappuccio, tagliate a listarelle sottili, disposte a strati in fusti di legno, con sale, pepe e aromi, e lasciati fermentare; si mangiano generalmente bolliti, come contorno a carne, specialmente di maiale, a salsicce e ad altri salumi. Sono detti anche cavoli acidi, e nella Venezia Giulia, dove sono più in uso, cappucci acidi (dialettamente, capuzi garbi)."

QUALCHE RIFERIMENTO STORICO

Si ritiene che l'uso dei crauti sia stato portato nel Nord Europa dalle orde dei Mongoli invasori assieme all'yogurt e al the.

I crauti, come cibo, appartengono al più ampio titolo della conservazione degli alimenti.

Agli albori della nostra letteratura e cultura occidentale, nell'Iliade di Omero troviamo cinque descrizioni brevi relative ai cibi e alle bevande (cap. 1, 8, 9, 11, 23 e 24). Nel primo capitolo vediamo che l'animale veniva mangiato completamente comprese le viscere mentre le ossa e il grasso servivano per la cottura. E' un banchetto, ma anche una cerimonia, un rito di unione della comunità, della tribù in cui tutti mangiano indipendentemente dai meriti.
L'animale veniva mangiato tutto: nulla veniva conservato. La carne tagliata a listarelle veniva infilzata su spiedi a cinque punte, salata e poi cotta. Il grasso e le ossa, come si diceva, venivano utilizzate come combustibile. Nell'undicesimo capitolo, tra l'altro, scopriamo che al vino veniva aggiunto formaggio grattugiato di capra e farina. Praticamente è accertato che il formaggio grattugiato va messo su ogni cibo; fa eccezione, per il momento, il caffelatte, ma questo è un altro argomento.

Troviamo poi una suggestiva descrizione di come venivano conservati i cibi nell' Anabasi di Senofonte (libro V, cap. IV), un testo di 2.400 anni fa. La spedizione di Ciro il Giovane nel 401 a.C. al comando di un piccolo esercito di 10.000 mercenari fallisce e il viaggio di ritorno racconta dei contatti con numerose popolazioni e dei saccheggi perpetrati al fine della sopravvivenza, tipici di tutti gli eserciti di ogni tempo. Divertente è, tra l'altro, scoprire che i Greci non conoscendo le castagne (mai visto 'n castagnar in Grecia!), non avevano il termine per definirle, sicché le chiamano "noci piatte senza alcuna fessura". Ci troviamo probabilmente nel Nord della Turchia sulle coste del Mar Nero.
Riporto il piacevole testo originale:


"27 I Greci, durante il saccheggio, trovarono nelle case depositi di pane accatastato, che si passavano di padre in figlio, secondo quanto sostenevano i Mossineci. C'era anche del grano nuovo, tenuto in disparte ancora in spighe: si trattava per lo più di spelta (si tratta di un grano tenero detto anche Granfarro: nda).
28 Vennero scovati anche pezzi di delfino, conservati in anfore e sotto salamoia, nonché vasi di grasso di delfino: i Mossineci lo impiegano come i Greci l'olio.
29 Nei solai c'era una gran quantità di noci, piatte e senza alcuna fessura. Bollite o abbrustolite come pani, costituivano il loro piatto di base. Trovarono anche del vino, che, se non veniva mescolato, aveva un sapore acidulo per via della sua asprezza, ma bastava mischiarlo con acqua e diventava profumato e gradevole.
30 I Greci dunque pranzarono e ripresero ad avanzare, dopo aver consegnato la fortezza ai Mossineci che si erano battuti al loro fianco. Quanto a tutte le altre piazzeforti in mano nemica, davanti alle quali transitarono, le meno salde vennero abbandonate, in altre invece gli avversari si arresero spontaneamente.
31 La maggior parte delle fortezze aveva la seguente struttura: le città distavano l'una dall'altra ottanta stadi, quale più, quale meno. Se si chiamavano con forti grida, potevano udirsi da una città all'altra, tanto la zona era elevata e a forma di conca.
32 Quando, a forza di marciare, giunsero in regioni amiche, furono mostrati loro i figli dei notabili della zona, bambini ingrassati e nutriti con noci bollite: erano obesi, bianchissimi, poco ci mancava che fossero tanto larghi quanto alti, avevano le spalle e il torace completamente tatuati con fiori variopinti.

33 Cercavano anche di accoppiarsi - lì davanti a tutti, perché da loro usa così - con le prostitute al seguito dei Greci. Tutti, uomini e donne, hanno la pelle bianca.
34 Secondo i soldati che avevano seguito la spedizione, si trattava del popolo più barbaro mai incontrato e più lontano dai costumi greci. In mezzo agli altri, infatti, facevano ciò che gli altri uomini avrebbero fatto in privato, mentre quando erano soli si comportavano come se fossero tra la gente, parlavano tra sé e sé, ridevano da soli, si fermavano dove capitava per ballare, come se volessero esibirsi davanti ad altri."

Dopo la grande depressione avvenuta in USA nel 1929, J. Steinbeck in Furore (del 1939) descrive l'esodo dei mezzadri verso la California in conseguenza dell'introduzione delle macchine agricole.
La famiglia Joad, prima di partire, macella i maiali (allo stesso modo usato in Lessinia: mazzate con l'"ocio" dell'accetta e poi sgozzatura con il coltello) , li taglia a fette e, dopo averli fatti raffreddare (c'era caldo e pertanto li lavora di notte) li schiaffa dentro ai barili con molto sale perché servano come cibo durante il lungo viaggio di 3.000 chilometri. Il sogno della novella sposa Rosa Tea è di possedere un frigorifero e di avere ghiaccio a volontà.


LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI

L'uomo, che è un animale evoluto meglio di altri, ha sviluppato le tecniche per conservare gli alimenti in modo da poterli avere a disposizione quando le stagioni metereologiche o di caccia sono meno favorevoli. Il progresso tecnico e organizzativo umano ha creato le condizioni, per chi è figlio di Omero, per avere a disposizione ogni tipo di cibo, in ogni stagione e in quantità tale che siamo arrivati al punto che le maggiori cause di malattia e di morte sono proprio dovute all'eccesso di cibo: sono le malattie metaboliche e cardiovascolari ad es. diabete, infarto, ictus, colesterolo e pressione alta. In compenso è scomparsa la pellagra.
Tolstoj nella postfazione alla splendida "Sonata A Kreutzer" individua nell'eccesso di alimentazione "i più spaventosi vizi sessuali e le più spaventose malattie". E poco dopo aggiunge: "Non è bene avere come scopo l'accoppiamento ..... né l'eccessiva assunzione di dolciumi". Penso tuttavia, a conforto dei lettori, che queste considerazioni le abbia scritte per la moglie.
Numerosi sono oggi i modi di conservare i cibi.
Probabilmente il più antico è l' essicazione, oggi evoluta con la liofilizzazione. Si usa per noci e nocciole, castagne, poi legumi (fagioli, ceci), ma anche pesce (baccalà) e carni.
L' affumicamento è una delle modalità di essicazione usato più comunemente per lo speck e per il salmone.
Poi troviamo la conservazione sotto sale: le renghe, la carne. E quella in salamoia: le olive.
La fermentazione è la più amata: serve per fare il vino fermentando l'uva, ma questo forse non c'entra.
I crauti appartengono alla serie: conservare con il sale e contemporaneamente con la fermentazione.
Da ultima, ma di grande importanza la sterilizzazione e la messa sotto vuoto.
Ma la vera e grande innovazione avviene con l'introduzione del frigorifero, cioè la possibilità di conservare i cibi con il freddo.


TRADIZIONI LOCALI

Fino a 50 anni fa in Lessinia si conservavano i seguenti alimenti: noci, nocciole, castagne, mele, fagioli, crauti e anche foglie intere di verze e cavolo cappuccio, in barile come i crauti.
Si producevano naturalmente formaggi e salumi. Si affumicava soltanto la ricotta nella cappa del camino e nient'altro.
Le donne dovevano preparare i cibi per la sola giornata corrente, quindi né la polenta, né il minestrone e tantomeno il brodo duravano per il giorno dopo. Era uso collocare la ramina su una finestra considerata la più fresca della casa.
A Vaggimal salendo dalla strada che porta dalla provinciale alle contrada Masue si trova un piccolo casotto denominato "El buso" oramai inagibile e che sta crollando. All'interno si trova un arso che vi convoglia aria molto fredda. Veniva usato come deposito del latte e qualcuno ci portava le patate. Si può veramente considerare una cella frigorifera ante litteram. Non varrebbe la pena di rimetterlo a posto?
Come tutti sanno, prima dell'arrivo dei sistemi di refrigerazione si sviluppò in Lessinia una attività di produzione del ghiaccio con le posse e le giasare. Ricordo personalmente il Gioachin (Lavarini) dalla Piociosa che, oggia!, come lui diceva, con un carretto a quattro ruote e due muli portava in città, ma anche a Pescantina e Bussolengo pezzi di ghiaccio tagliati e accatastati d'inverno in queste costruzioni: un viaggio di circa 12 ore, andata e ritorno.
Merito va dato al Meco (Tommasi) dalle Posse che ha recuperato proprio la giasara che veniva usata dal Gioachin.
A proposito mi piace ricordare che il Gioachin, appassionato di Tresette e grappini, raccomandava alla Verde Valle, per la sete un grappino e per vincere a Tresette, tre tai e 'na levà.

LA RICETTA

Come produrli

Per preparare i crauti servono:
capussi in abbondanza
un contenitore di terracotta (come usano i trentini) oppure di legno come veniva usato localmente. Ma può servire adeguatamente anche uno in acciaio inox ma anche un secchio di plastica. La forma deve essere cilindrica o quasi. Serve poi per il contenitore un coperchio in legno che sia di diametro tale da inserirsi nel contenitore coprendo possibilmente tutta la superficie. Serve infine un peso di 5/6 chilogrammi.
un'attrezzatura per tagliare i capussi. Può essere utilizzato un coltello affilato ma il lavoro risulterà pesante e il taglio impreciso. L'affettatrice al contrario taglia con troppa precisione. Ideale appare l'uso di un ripiano con bordi in legno in cui siano state fissate una o più lame taglienti inclinate rispetto alla direzione di taglio in modo da farvi scorrere sopra il capusso. Se ne trovano in vendita in Trentino.
sale grosso.

Ogni capusso va mondato delle foglie superficiali (conservando a parte le più belle), tagliato a metà e va asportato il torsolo centrale. Si procede poi all'affettatura.
Terminata l'operazione si pesa la massa del tagliato in modo da determinare la quantità di sale da aggiungere: ne va aggiunta una quantità corrispondente al 3% (massimo 30 grammi per chilo, meglio 25). Si prendono poi le listarelle a manciate e si pressano accuratamente nel secchio esercitando una forte pressione con il pugno chiuso fino ad arrivare a un'altezza di un paio di centimetri. A questo punto si cosparge un po' di sale grosso.
Si ripete l'operazione per formare un altro strato di un paio di centimetri. Se la compressione è fatta come si deve, si formerà del succo che fuoriesce dai capussi stessi. Si aggiunge il sale e così via fino alla fine. Avere attenzione di dosare il sale per arrivare alla fine. In un secchio standard trovano posto circa 20 Kg. di capussi già affettati.
Si usano 5/6 foglie tra quelle messe da parte per coprire l'ammasso, si mette il coperchio, che deve avere la possibilità di scorrere verso il basso dato che la massa si ridurrà di alcuni centimetri. Si posa sul coperchio il peso ed è finita.
I capussi vanno fatti fermentare per un periodo non inferiore ai 50 giorni.
Sulle superficie si formeranno delle muffe, che vanno tolte, orientativamente una volta la settimana, all'inizio più frequentemente. Se il coperchio non risulta più ben coperto dalla salamoia, bisogna aggiungerne altra, sciogliendo un cucchiaio di sale grosso per ogni mezzo litro di acqua. Si può riscaldare l'acqua per sciogliere il sale, ma va aggiunta quando si è raffreddata. In ogni caso i crauti devono essere ricoperti di salamoia e non devono mai entrare in contatto con l'aria.
La fermentazione produce un odore non del tutto gradevole: tenerne conto nella scelta del luogo dove collocare il barile. La fermentazione ideale deve avvenire in un luogo caldo, superiore ai 20 gradi.
Superati i 50 giorni i crauti possono essere consumati prelevandoli dal barile e poi rimettendo il coperchio con cura e conservandoli in luogo fresco.
Tuttavia l'opzione migliore, a mio parere, consiste nel metterli in vasi per la conservazione sotto vuoto e sterilizzarli in acqua bollente per 30 minuti, se si sono usati vasi da mezzo litro, e 45 minuti se i vasi sono di un litro.

Aggiunte
Si possono aggiungere dei pezzettini di mela e/o qualche acino di uva senza i semi e volendo, piccole quantità di cumino, alcune bacche di ginepro, foglie d'alloro sminuzzate, dragoncello e aneto.

Come cucinarli

I crauti estratti dal barile o dal vasetto sterile vanno strizzati in maniera decisa, quindi messi in padella nella quale è stato riscaldato poco olio, aggiunta dell'acqua e cotti per circa mezz'ora. A proprio gusto può essere fatta precedentemente soffriggere della cipolla, oppure aggiunte delle bacche di ginepro o altri aromi qualora non siano già presenti nell'ammasso di fermentazione.
Tradizionalmente vanno consumati con cotechino, wurstel con senape, o altre carni di maiale, ma per i non amanti della carne possono essere accoppiati proficuamente con patate bollite o legumi.
A fine cottura si può aggiungere dell'olio crudo.

LE CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI

Caro lettore avrai sicuramente notato quali straordinarie caratteristiche nutritive abbia ogni alimento soprattutto se inusuale nelle nostre abitudini alimentari: un tempo l'olio di fegato di merluzzo, vomitevole (io l'ho bevuto e sono ancora vivo), poi le carote che originariamente allungavano la vista e attualmente invece favoriscono la pigmentazione e quindi l'abbronzatura, l'aglio che originariamente serviva per eliminare l'alito di cipolla e attualmente invece è benefico sulla pressione arteriosa, sulla coagulazione del sangue e in alcuni paesi consigliato come antibatterico, antimicotico e antivirale (tutto qua?). E che dire dell'ananas che contiene la bromelina che si ritiene (come si ritiene?) faciliti la digestione, ma non è sicuro (sic!) che faccia dimagrire.
Il sedano rapa invece è un afrodisiaco per alcuni mentre per altri contiene meno calorie di quante servano per masticarlo.
La mozzarella poi, che è un formaggio intero con tutti i grassi del latte non scremato, pensate un po', fa dimagrire.
Si dice: "Una mela al giorno toglie il medico di torno". Che valga anche per le perfette mele commerciali che vengono trattate chimicamente per trenta o quaranta volte? Come possiamo toglierci di torno anche il chimico?
Fatta questa premessa vengo ad illustrarvi le straordinarie proprietà dei crauti (e i gravissimi rischi).

Nico Valerio nella "Summa alla sopravvivenza eterna" come la chiamo io, dal titolo "L'alimentazione naturale" scrive: "Poco considerati al di fuori dell'area germanica e russa, spesso a torto ritenuti indigesti, in realtà sono un cibo naturale e abbastanza sano e terapeutico (farmaci sono! nda). I microrganismi della fermentazione lattica, disinfettano il tratto intestinale con l'acido lattico ricavato dagli zuccheri impedendo le putrefazioni (l'intestino nol se smarsise!: ok? nda) distruggono le sostanze antidigestive, contribuiscono alla digestione dei grassi e anche (in parte) della cellulosa, sintetizzano nuovi enzimi digestivi e le vitamine B e C (la C aumenta molto dal 7° al 24° giorno di fermentazione, secondo M. Lingendelfer). Già il medico Discoride, nel I secolo a.C. consigliava i crauti contro le malattie infettive. Oggi molti medici, tra cui J. Kuhl, considerano i crauti utili in molte malattie, compreso il cancro. In caso di gotta, obesità e diabete i "cavoli acidi" alcalizzano le urine e migliorano il quadro sintomatico. Però usiamoli meglio a tavola. Quello che li rende indigesti sono i salumi, a cui fanno spesso da contorno. Proviamo ad abbinarli ai legumi, invece." ...... Hai! Ecco i rischi. Infatti poco più avanti dice: " ...Secondo il tedesco Mayer, la maggior parte dei crauti in commercio contiene anche tracce indesiderate di purine o amine biogene ad azione ipertensiva e cancerogena (tiramina, istamina, putrescina, cadaverina ecc.)".
Però altrove precisa che è presente nei cibi fermentati con batteri, come i crauti, la vitamina B12 e come se non bastasse, i crauti proteggono la flora intestinale dagli effetti delle radiazioni (delle stronzio 90). E, in un crescendo rossiniano .... "La bellezza e la giovinezza, è noto, hanno la loro seconda origine, dopo l'ereditarietà, proprio nel perfetto funzionamento dell'intestino".

"Cucina Naturale" di Settembre 2002 riporta quanto segue: "I crauti così preparati hanno proprietà antifermentative intestinali (evitano rumori molesti e fetidi: nda), rinforzanti e antinfettive che in passato ne hanno fatto una panacea nella medicina popolare nordica. In ogni caso vanno consumati crudi. Una volta cotti, perdono le loro virtù curative."

Silvio Antolini (l'autore) suggerisce, dopo lunghe e approfondite ricerche come avete visto, di preparare da sè i crauti, di non mangiarne un casino e di non cuocerli troppo. Avrete l'intestino in ordine e l'eterna giovinezza.

Infine per gli appassionati di Internet c'è un sito che consiglia una dieta a base di crauti per chi vuole dimagrire e vivere per sempre: http://www.margherita.net/fitness/diete ... auti.shtml.
Cavoli vostri! Io non garantisco nulla!

Silvio Antolini
Gennaio 2003


13/08/2014, 18:43
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silvioantolini ha scritto:
...Tuttavia l'opzione migliore, a mio parere, consiste nel metterli in vasi per la conservazione sotto vuoto e sterilizzarli in acqua bollente per 30 minuti, se si sono usati vasi da mezzo litro, e 45 minuti se i vasi sono di un litro.


Cosi' facendo si uccidono i fermenti vivi (lattobacilli, lattococchi, leuconostoc ... etc etc). Al giorno d' oggi non ha senso sterilizzare per un anno intero. Si fermentano per 1-3 settimane e si consumano entro 1-3 mesi conservandoli in frigo con salamoia sopra. Quando finiscono se ne comperano altri e si ricomincia. Gli odori sgradevoli si formano in seguito a fermentazioni non ottimali causate dall' ammassamento di quantita' eccessive di krauti nei barili di legno della bis-nonna Abelarda. I fermentatori di ceramica VETRIFICATA con la gronda per l' acqua (quelli di cui si chiedeva all' inizio ) sono i contenitori di gran lunga migliori ch ein Europa non saprei dove trovare ma se googlate "Polish fermentation pot kraut" sono ;) sicuro che troverete qualcosa.
Maddmax

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14/08/2014, 0:31
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Concordo con Maddmax per quanto riguarda la sterilizzazione: non ha molto senso eliminare frementi e vitamine per non guadagnare un gran ché in conservabilità che è già assicurata dal ambiente acido e salino.
Si può dare un tocco di colore mescolando i cavoli, al momento della posa nei vasi, con carote tagliate a la julienne. Per l'utilizzo, piuttosto che la cottura (ma va bene pure quella) consiglio il consumo crudo dei crauti, conditi con olio e pepe, come insalata.
E approposito, la mia "nonna Abelarda" :lol: usava un barile di legno di circa 200 l dove metteva i cappucci interi o spaccati a metà e a fine fermentazione la salamoia diventava una delizia, o almeno così pareva a me :D

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21/08/2014, 14:16
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Obombo ha scritto:
E approposito, la mia "nonna Abelarda" usava un barile di legno di circa 200 l dove metteva i cappucci interi o spaccati a metà e a fine fermentazione la salamoia diventava una delizia, o almeno così pareva a me
:D

Chiunque riesca a fermentare in un barile di legno senza produre liquami fetenti merita assoluto rispetto! Pero' la ceramica vetrificata e' a prova di belinata (o quasi).
Maddmax

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21/08/2014, 20:59
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