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La potatura dell'olivo: come, dove, quando e perchè 
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Sez. Orticoltura
Sez. Orticoltura

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premesso che non si può parlare di potatura scrivendo voglio dire che concordo con antonello relativamente alle tradizioni olivicole delle singole zone e sul portamento ad ombrello negli oliveti tradizionali.Diverso è il discorso con gli oliveti intensivi cui allego un link
http://www.teatronaturale.it/articolo/3835.html
x dopa
gli esperti non si nascondono sono solo cauti nel dare risposte visto che si dialoga virtualmente.Di questo inviterei a rendertene conto

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I


10/05/2009, 11:24
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@ Eugenio, Di Fontanazza ne conoscevo le sue esperienze sin dal 1980 su terra e vita,tanto che le sue idee influenzò parecchi da spingerli, chi aveva oliveti centenari con impianti di 13 -14 metri di distanza, a piantare un filo di alberi giovani, a centro tra un filo e l'altro a due tre metri allevandoli a mono cono.Però a distanza di 6-7 anni li trasformarono a vaso poli cono con due e quattro branche, furono piantati centinaia di ettari si diceva a cespuglio che erano lo stesso, ma furono trasformati tutti a vaso perchè era ed è una cultura impraticabile senza raccolta meccanizzata.Detto questo non centra niente col discorso e il tema che stiamo trattando, Noi stiamo parlando di pota di vaso poli conico tradizionale a quattro e a due branche,dei diversi modo di fare e di potare nei diversi posti dobbiamo scegliere il parere migliore dei diversi che hanno parlato di potatura che ne sono parecchi,dobbiamo scegliere l'insegnamento più semplice per costruire un albero comodo da potare comodo da raccogliere,e poi dobbiamo assodare se quelli che ho nominati,cosa ne sanno del problema della carie,perchè la questione verte su questo,che io ho detto che questi non capiscono una mazza. Se poi vogliamo andare a prendere Fontanazza o tutti i ricercatori che stanno studiando un nuovo modello di produrre ulive, io ho detto che quello sforzo che ho fatto a scrivere un manuale di pota che insegna a potare semplice è servito a niente,l'ho detto a Flavio.Uno mi dice che dico chiacchiere,un altro che sono negativo, tu eugenio mi vai a prendere Fontanazza,allora mi volete far imbestialire. Allora ti dico che io al tuo paese San Giorgio a Cremano ho fatto il partigiano il 43 stavo a fare il soldato, siamo andati ad attaccare i tedeschi, ho scritto un diario,l'ho mandato all'archivio diaristico di Pieve di Sant stefano,perciò vacci piano. VI saluto e spero di continuare a dialogare ciao dopa.


10/05/2009, 18:22
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Buona domenica, secondo me l’articolo del dott. Marino è fatto in maniera molto sintetica e forse perché è solo finalizzato a dare nozioni molto generiche sull’approccio alla potatura dell’olivo, d’altronde a fine della pagina viene pubblicizzata la vendita di un libro che riguarda la potatura dell’olivo.
Quando mi hanno insegnato le modalità di potatura dell’olivo secondo l’allevamento a vaso classico mi hanno fatto presente che la struttura dell’olivo deve avere 4-5 branchie primarie, 4 branchie secondarie e via dicendo analogamente a quanto indicato da Dopa.
Stando all’immagine presente nell’articolo quell’olivo è potato secondo la potatura a vaso policonico ma secondo me in maniera troppo radicale avendo meno branchie primarie di quante dovrebbe averne.
Per quanto riguarda i periodi da seguire per effettuare la potatura dell’olivo non concordo assolutamente con quanto indicato nell’articolo che segnala che il periodo di potatura va da fine marzo a maggio perché anche l’olivo va potato quando si trova a riposo vegetativo ossia nel periodo che va dal tardo autunno sino a gennaio-febbraio, privilegiando questi ultimi mesi.
In definitiva si può affermare che la potatura a monocono si presta maggiormente alla raccolta meccanizzata a differenza della potatura a vaso che però determina una migliore produttività sia nell’immediato che nel lungo periodo e secondo me è anche la miglior forma d’allevamento per contrastare il cicloconio che insieme alla mosca olearia rappresentano i peggiori flagelli per gli olivicoltori.
Per concludere io non attuo la raccolta meccanizzata con scuotitrici e ho sempre avuto ottime soddisfazioni con la forma d’allevamento a vaso. Saluti a tutti


10/05/2009, 21:11
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Sez. Tartufi
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Per antonello: il periodo di potatura, come molti altri parametri, varia al variare delle condizioni climatiche in cui ci troviamo.
Dove sussistono inverni freddi è sconsigliato potare troppo presto, magari dalle tue parti invece non ci sono problemi.

Concordo con Marco per il commento sull'articolo. Non è un mini-corso di potatura di una pagina e mezzo ma è solo un'introduzione generale. E' chiaro che poi tutti i parametri andrebbero rapportati all'ambiente e alle altre mille variabili che possiamo trovare nella pratica; sarebbe stato impossibile scrivere un articolo del genere considerando anche tutte le varianti.

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Saluti,
Flavio.


11/05/2009, 10:25
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@ Flavio,ma hai letto il mio commento,continuate a tergiversare dal tema,non è il periodo adatto per potare il problema,che possiamo anche affrontare che posso molto da dire sul periodo più adatto, che non può essere solo il freddo,ma tante circostanze,che se vogliamo lo affrontiamo.Poi Marco non ha niente ragione.L'articolo del dott. Marino non introduce niente e quell'albero potato non è potato con nessuna regola,è potato come ti dicevo su quell'altro post che quei dottori che ti ho nominati hanno scritto per sentito dire e potato che se si allungava facevano un spiedo se si allargava facevano una pala.e quell'albero è potato cosi senza regole. Nel commento precedente io ho parlato di quattro branche messo su un tronco di un metro, quattro branche secondarie ,una per branca principale che deve occupare tutta la circonferenza dell'albero, come base.poi su queste quattro, otto branche terziarie che devono occupare un ottavo della circonferenza dell'albero, poi sedici chiome, tutte queste patri devono avere delle misure da una all'altra e il posto preciso io dico tutte le parti omogenei al quadrato. questa è tecnica, a questa struttura affidare i ramoscelli per la produzione.Discutiamo prima sulla struttura dell'albero,poi parliamo di freddo di modelli di forme,di genetica, si anche di genetica,perchè, vi anticipo, che io ho sperimentato un genere di pianta esente da carie,ed indico come fare. Perciò un problema alla volta.Ciao dopa.


11/05/2009, 12:50
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Non capisco perchè si tende a dare tutta quest'importanza alla geometria sembra più una discussione di architettura che di potatura


11/05/2009, 14:13
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Sez. Tartufi
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Dopa intanto puoi inserire il tuo manuale, così gli utenti potranno leggerselo e commentare.

Ti consiglio anche di precisare di quale forma di allevamento stai parlando, sesto d'impianto (perchè anche questo influisce sul tipo di potatura), clima e tipo di operazioni colturali (manuali, meccanici). Tutto questo perchè sia chiaro agli utenti il tuo modo di operare ed in quale ambiente, in modo che possano valutare e commentarlo al meglio, evitando fraintendimenti.

Io non sono un esperto di potatura dell'olivo e quindi lascio la parola a chi più preparato di me.
Ciao

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Saluti,
Flavio.


11/05/2009, 14:14
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la potatura dell'olivo non ha un regola precisa:è necessario scegliere le giuste strategie in base a molte variabili ed anche a parità di queste ci saranno sempre diversi punti di vista.Secondo me (ma è solo un mio parere) il modo migliore è quello che consentedi tenere a bada le varie malattie e massimizza la produzione al netto dei costi.
e quindi qual'è? forse ce ne sono molti,dipende dalle variabili che stavo dicendo prima.
Quindi tornando al discorso di 'dopa' secondo me è sbagliato generalizzare ed affidare tutto a delle regole matematiche o geometriche precise come fai tu. Cosa fai tu, poti con la calcolatrice in mano oppure in mano hai un segaccio e delle forbici e magari anche una scala? Non si può secoondo me dire che per potare l'olivo dobbiamo avere tot brache primarie, tot secondarie, tot terziarie...... si possono dare dei riferimenti generali che però devono essere modificati e rapportati all'ambiente in cui ci troviamo ad operare. Anche perchè un albero non è una macchina, ma è qualcosa di vivo che si modifica in base a miliardi di variabili.
In queste cose mi piace anche essere un pò più pratico e quindi a dopa chiedo:con il tuo sistema quanto produci? quante olive fa un tuo olivo? e quanti anni ha quest'olivo?
Perchè è inutile fare tanti bei discorsi se poi dall'albero riusciamo a cogliere 10 kg di olive.
ciao a tutti


11/05/2009, 14:38
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Concordo pienamente ok avere delle linee guida ma c'è un limite a tutto,io produco olio per uso familiare in Basilicata in una zona montana 850 m d'altitudine ciò influisce molto sulla forma degli ulivi che si ha quasi il terrore di potare a causa delle ripetute potature invernali ad opera della neve,si cura molto di più la concimazione,le quattro branche primarie non le usa nessuno perchè aumenterebbero il rischio di scosciature si preferiscono due massimo tre branche primarie ogniuna con due branche secondarie, se si può, per il resto si spera in un inverno mite,tale altitudine dà il vantaggio di essere esenti dalla mosca olearia si ha cosi una produzione di qualità anche se non eccessiva


11/05/2009, 14:58
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Potare significa sfoltire, sfoltire significa allargare, se uno non sa come si fa si ferma a riflettere perde tempo,invece uno che sa va e taglia, se uno è della Calabria che fa la neve in abbondanza,è sa che quando nevica, come dice Daniele spezza le branche, perchè la neve, quando l'albero è troppo folto si accumula sui rami al peso si spezzano allora de regolarsi cosa fare,se non lo sa subisce il danno.Questo ed altro il potatore deve sapere per poter operare con meno tempo e avere maggiore profitto è il criterio che ho usato nel suggerire come si costruisce una pianta facile da sfoltire ed impiegare meno tempo, perchè il tempo è denaro
Ora vi do un po da leggere:Ho fatto il copia incolla le figure non l'ha trasmesso e non sono esperto come mandarveli, quando verranno i miei nipoti vedrò di recuperare.Ciao

Premessa del potatore e autore
Donato Pasqualicchio.

Potare l’olivo
E ormai indiscusso, che con la potatura l’olivicoltore migliora la produzione delle olive, ma è altrettanto vero che con i diversi sistemi di potature praticati fino ad adesso si sono arrecati danni enormi sia alle piante e di conseguenza alla produzione, non solo ma hanno contribuito a creare alberi scomodi e impraticabili se non con grosse scale con aggravio di manodopera sia alla raccolta che nel praticare la potatura e la spollonatura. Potare l’olivo è un mestiere che l’olivicoltore e l’operaio fanno volentieri, ma è un mestiere difficile ad acquisirsi con i tradizionali metodi e insegnamenti anche di personalità che hanno scritto libri su questi argomenti, come ad esempio il manuale dell’olivicoltura meridionale del dott. Raffaele Pastore, l’ulivo del dott. Scaramuzzi, e “note pratiche di olivicoltura” di Secondo Ceccolino, Bruno Bruni e Francesco Francolini, pero’ nessuno ha prospettato un metodo facile per acquisire con precisione l’opera di potare e formare l’albero dell’olivo ben strutturato, facile da raccogliere e grande e grosso come desiderato e in più mettere a conoscenza del nuovo l’olivicoltore per fare diventare molto redditizia la coltura dell’olivo. Su questo penso di riuscire a scrivere queste pagine per mettere a conoscenza degli altri le mie conoscenze di quarantacinque anni di questo mestiere. Questa necessità scaturisce dalla complessità delle idee e dai diversi modi di fare che ritengo sbagliati, che creano, non solo, alberi scomodi ma anche con l’aggravio di spese e con danni irreparabili alle colture. Potare, spollonare e raccogliere su alberi con scale non è cosa da poco, una olivicoltura moderna richiede prima di tutto di eliminare una parte di spesa in tutte le mansioni inerenti alla coltivazione dell’olivo e in questo voglio contribuire ad apportare un valido contributo. Prima di tutto Bisogna precisare che di tutti i sistemi e forme di allevamento anche di quelli modernissimi, bisogna scegliere la forma del vaso policonico, impalcato su quattro lati che si presta alla facilità di costruzione dell’albero comodo da potare e da raccogliere. E’ un sistema impalcato su due lati con lo stesso procedimento del primo.

Manuale tecnico pratico per la potatura dell’ulivo

Potatura di formazione (a vaso policonico).
Il sistema, o la procedura per l’allevamento di un ulivo a vaso policonico, si rivela semplicissima se si esegue un metodo semplice e naturale della pianta sia interno che esterno. Sappiamo che all’interno della pianta la linfa alimenta le cellule, le quali per crescere si dividono in due, una ne forma due. Cosi all’esterno, ogni gettito nel suo prolungamento ne produce altri due, mentre il gettito si allunga ne produce due. Seguendo questo metodo naturale della pianta e mettendo tutte le parti omogenee agli angoli del quadrato ( come avremo modo di conoscere) noi avremo una pianta, comoda da potare, da raccogliere e grande secondo la potenza della pianta stessa. Questa affermazione dell’uno formarne due deve rimanere impressa nella mente del potatore, perché ovunque dovrà procedere deve sempre da uno farne due. Quando il potatore lavora non deve fare altro che da uno farlo diventare due costruendo l’albero di tanti uno due, mettendoli al posto giusto come appresso vedremo.

Struttura e impalcatura dell’albero d’ulivo a vaso policonico
La struttura di un vaso policonico è rappresentata da un tronco alto un metro e mezzo, a questa altezza si divide in due, questi due tronchi sono di una lunghezza di un metro, a questa altezza si dividono in due e arrivano a quattro branche, queste quattro all’altezza di tre metri si dividono ognuno in due, i quali all’altezza di un altro metro si dividono in altri due, le quali formeranno le chiome di altri piccoli uno due rappresentati da ramoscelli. Questa struttura è chiamata brache primarie. A questa struttura bisogna aggiungere le branche secondarie e quelle terziarie. Appena dopo il secondo uno due a ogni braca primaria deve partire una branca secondaria, queste quattro branchie devono occupare un quarto della circonferenza dell’albero. L’altezza di queste quattro branche non deve mai essere inferiore a due metri e mezzo. Sopra queste a un metro e mezzo creare le branche terziarie, una a destra e l’altra a sinistra, praticamente una sotto che occupa un quarto di circonferenza e due sopra che occuperanno un ottavo di circonferenza. Sopra queste le branchette che devono partire dall’altro uno due.

Produzione di una pianta d’ulivo
Sembra facile, secondo i tradizionali usi dei diversi sistemi di produzione di piante.
Cioè: seme, pollone, talea, ovulo ecc. E’ prassi e consuetudine tradizionali allevare piantoni col sistema del nocciolo, talea, ovulo e poi innestarli a quattro cinque centimetri da terra. Questo sistema da l’inconveniente di affrancarsi, cioè elimina il porta innesto. Da esperienze personali, che potete anche voi verificare, vi sono varietà d’ulivi che sono immuni da attacchi di carie. Queste varietà si notano dal tronco.
Il tronco di queste varietà è privo di noduli e hanno una corteccia più grossa del normale e le correnti tirano dritte, senza costruire ovuli nodosi, i quali sono fonte
di carie. Infatti tutti i focolai di carie sono costituiti da residui da corteccia e da residui di terra, racchiusi tra ovuli che con l’ingrossarsi imprigionano tali residui
ermeticamente, i quali col tempo provocano carie.
Difatti se andate a scoprire un attacco di carie ,voi noterete al centro di tale attacco
un grumo di terra.
Perciò è consigliabile scegliere questi porta innesti. La produzione di essi può essere
Qualsiasi però l’innesto deve essere fatto a un metro e mezzo da terra. Almeno si avrà
Una pianta che non si affranca e con il tronco immune da carie.

Terreno e clima
La pianta dell’ulivo a meno sette gradi gela e a 32 gradi di calore non resiste comunque può essere indicativo se nelle vicinanze vi sono vecchi impianti. Il terreno deve essere scassato minimo alla profondità di un metro e quanto più soffice è il terreno più si dà la possibilità alle radici di esplorarlo. L’ulivo è come il maiale più gli dai da mangiare più ingrassa, acqua e concime e coltivazione da marzo a settembre perché da settembre a marzo non occorre coltivare, bisogna fare crescere l’erba che insieme alle ramaglie della puta fresando tutto danno sostanza organica. E’ opportuno prima di fresare somministrare due chili di solfato ammonico per pianta adulta e un chilo alle piante giovani. E’ opportuno che il terreno sia preparato molto prima di piantare.

Distanze da un ulivo all’altro
Prima di indicare una distanza, bisogna guardare i vecchi impianti. Ebbene si notano impianti vecchi a tredici-quattordici metri da una pianta all’altra e impianti moderni, i cosiddetti cespugli e palmetta (i quali sono diventati tutti vasi) a quattro metri da una pianta all’altra e a cinque da un filo all’altro. Ora noi vediamo che ai vecchi impianti da una pianta all’altra, c’è molto terreno inutilizzato perché le radici non potranno mai esplorare, la consociazione in questi vecchi impianti.

Sono stati tolti perché l’ulivo vuole stare solo.
Notiamo quindi che l’olivicoltore è stato costretto a piantare vicino a una pianta un'altra pianta di modo da fare diminuire l’impianto a sei metri di distanza. Gli impianti moderni siccome sono diventati vasi policonici, non c’è più spazio per costruire un vaso regolare. E allora quando abbiamo visto tutte queste inconvenienze possiamo dire che indicare una distanza di sette otto metri è l’ideale sia da una pianta all’altra sia da un filo all’altro. Per quanto riguarda gli impianti a cespuglio, possono essere benissimo trasformati con la forma a “ipsilon” invece di quattro lati due lati, procedendo come dicevo prima, facendo tanti uno-due uno di fronte all’altro. Un nuovo impianto può essere fatto alla distanza di tre metri da una pianta all’altra e quattro da un filo all’altro. Questi impianti con l’irrigazione e forti concimazioni vanno subito in produzioni soddisfacenti.

Periodo consigliabile per piantare l’ulivo.
Da novembre a marzo si può sempre piantare. Se sono piantoni con pane di terra e di un vivaio dello stesso luogo, prima si pianta meglio è. La profondità di mettere la pianta a dimora sarà di quaranta – cinquanta centimetri. E’ indispensabile affidare la pianta ad un tutore, anzi la prima attenzione se si vuole un albero perfetto e un vaso regolare è creare un tronco dritto, infatti su un tronco inclinato le quattro branche 7 risulteranno incoltivabili senza scale e anche l’“ipsilon” risulterebbe incoltivabile.

Varietà da scegliere
Prima di tutto bisogna scegliere piante innestate come dicevo prima a un metro e mezzo da terra, per la varietà scegliete quelle che più vi si acclimatizzano all’ambiente dove viene fatto l’impianto.

Puta di formazione
Affidato il piantone al tutore con legatura di plastica, all’altezza di un metro e mezzo bisogna fre il primo uno- due. Man mano che cresce a distanza di un metro dal primo uno due ne creerete un altro uno due che formeranno le quattro branche principali. (Attenti a questo uno – due, va posta tutta l’attenzione del potatore, per ,mettere queste quattro parti che creeranno l’impalcatura dell’albero esattamente al centro del quadrato deve risultare il tronco. E’ certo che le branche durante il periodo della crescita saranno attaccati dalle intemperie o che il raccolto li deforma, ma poi l’albero mette gettiti vigorosi sempre verso l’alto, i quali potranno essere scelti quelli che vanno in direzione dell’angolo del quadrato.
Durante questo periodo di crescita tutte le branchette al disotto della misura indicata e cioè un metro e mezzo per il primo uno – due e un metro fino al secondo uno – due saranno tolte gradatamente, senza farle ingrossare troppo altrimenti i tagli grossi danneggeranno la pianta. A questa altezza e cioè a due metri e mezzo da terra si comincia a lasciare le branche secondarie pendici, subito dopo il secondo uno – due si lascia una branca per ogni lato che occuperà un quarto della circonferenza della base dell’albero. Queste quattro pendici vanno scelte all’esterno dei lati. Precisiamo queste parti dell’albero io le chiamo omogenee cioè quattro branche uguali e quattro branche pendici uguali, ognuna di queste parti devono stare esattamente agli angoli del quadrato, la misura da un lato all’altro deve essere uguale per le branche pendici. Questa affermazione la sottolineo perché è l’errore grave che spesso fanno i potatori e spesso è la causa degli alberi scomodi e di conseguenza soggetti a ricostituzione dei lati e delle branchie pendici con aggravare l’albero togliendo una consistente vigoria e provocandogli malattie. Dopo parleremo più a fondo di quello che provoca il potatore sprovveduto.
Adesso invito il lettore ad essere più attento perché proprio quando si supera questa fase di costruzione si fanno i maggiori errori. Siamo arrivati alla scelta delle quattro branchie pendici. Ora con il passare degli anni andiamo più su, si procede portando la vetta della branca sempre in direzione dell’angolo del quadrato.
A questo punto vorrei suggerire un metodo molto efficace per tenere branche principali agli angoli del quadrato metodo che ho usato per primo e sono stato aspramente criticato da ignoranti che non avevano ancora afferrato l’utilità del filo di ferro. Infatti tirando il lato dalla parte da dove si vuole con il filo di ferro legato ad una branchetta che deve essere tagliata o fare un gancio di legno e fissandolo ad un sostegno che può essere l’albero stesso o l’albero a fianco e tenendolo fissato per due anni finchè si indurisce, noi avremo branche principali esattamente agli angoli del quadrato cosa che il potatore non deve trascurare o rimandare all’anno prossimo sennò lo stesso si indurisce poi sarà costretto a crescere il succhione provocando tagli. E’ abitudine del potatore sprovveduto che subito dopo il secondo uno due all’altezza di un metro e mezzo quando cresce la giovane pianta gli procura un altro uno due, questa terza biforcazione io la chiamo uno due , con il passare del tempo e quando la pianta si fa grande, queste otto chiome che poi si devono dividere in altrettanti uno due non stanno più nel cerchio che forma la chioma perchè si accorge di andare più su e ne vuole eliminare una per lato, ma siccome nessuna delle otto branche chiome stà agli angoli del quadrato è costretto a crescere il succhione per andare più su a creare il terzo uno due con aggravio del primo taglio mortale.
Secondo me la procedura è semplice, anche se il potatore vuole vedere subito le otto branchette chioma, bisogna portare una in direzione sempre dell’angolo quadrato e l’altra di riserva appena si determina la necessità di andare più su la si elimina e crea più su un altro uno due , e così procedendo fino ad arrivare
all’altezza di tre metri dal secondo uno due per creare il terzo uno due “v. figura” . Figura 1.1 figura 1.2

1. Se si elimina una l’altra non sta all’angolo del quadrato;
2. Se si elimina una l’altra sta all’angolo del quadrato.

Così facendo è portando le branche a una inclinazione verso l’esterno il modo da potersi reggere su, avremo uno spazio e una circonferenza da poter mettere le otto branche chiome.
Come avete notato partendo da terra e facendo tanti uno due si è arrivati a otto branche chiome procedendo alla stessa maniera per le branche pendici si devono creare come ho già detto la prima branchia pendice all’altezza di due metri e mezzo da terra, da questa a un metro e mezzo due pendici per lato possibilmente una a un metro e trenta e l’altra a un metro e mezzo, e avremo quattro sotto e otto su queste quattro, la prima sotto deve occupare un quarto di circonferenza, mentre le seconde pendici un ottavo di circonferenza e andando più su se l’albero è potente procedendo sempre alla stessa maniera è cioè facendo altri uno due mettendo tutte le parti omogenee agli angoli del quadrato così si dovrà procedere per potare le pendici sempre facendo uno in due “vedi figura”.

Mi sembra opportuno precisare che le branchie pendici devono avere una posizione orizzontale per due motivi fondamentali, uno per poter reggere sopra il potatore stesso, e l’altro per poter aiutare l’albero a produrre meglio senza spreco di energie. Chiariamo meglio queste due affermazioni, perché è il contrario di come abitualmente è stato insegnato e che si usa fare, mettendo le pendici in una posizione verticale, si fanno due danni, uno di non dare la possibilità al potatore di mettersi sopra comodamente per potare le pendici più sopra costringendolo a usare la scale con aggravio di tempo e fatica, l’altro ed è il più importante mettere l’albero in condizione di produrre legno e non frutto.
E' un terzo errore è quello di non mettere la pianta in condizione di ricevere luce senza che una parte ombreggia l'altra. Insomma fare attenzione in modo che tutte le operazioni si sfoltimento che fa il potatore deve tendere a non modificare per eccesso la funzione naturale della pianta. Per rendere cosciente il potatore dell'opera che deve eseguire, bisogna conoscere prima di tutto la funzione naturale della pianta.

Crescita della pianta
Se voi osservate una pianta qualsiasi allo stato naturale, senza nessuna manomissione, voi noterete che la base della parte aerea della pianta è più larga e man mano che va su si stringe assumendo la forma di una campana stretta sopra e larga sotto, questa forma l’albero li assume per mettere tutte le sue parti in condizioni di ricevere quanto più possibile la luce e mettere le sue foglie in condizioni più soddisfacenti per assolvere la propria funzione. Se voi osservate tutti i getti dell’albero vanno sempre nella direzione in su, sacrificando e facendo diventare sterile tutta quella parte che viene ad essere ombreggiata. Se voi osservate i polloni che sono i nuovi getti , voi noterete che nascono tutti nella parte di sopra alle branche, e vanno sempre in direzione all’in su.
Questo stà a dimostrare che la pianta non vuole andare all’in giù. Se voi osservate una pianta d’ulivo potata e sfoltita nella maniera che molti usano fare, voi noterete che la parte all’interno le olive sono più piccole senza parvenza di getti per l’anno a venire. Si possono fare tante altre osservazioni per notare che nessuna parte dell’albero va messa in una posizione verticale. Fatte queste osservazioni e conosciuta la funzione dell’albero come deve comportarsi il potatore nell’opera di sfoltimento e di costruzione dell’albero? Certamente deve mettere le parti dell’albero in una condizione di ricevere il massimo di rendimento, con meno spreco si energie. Sarebbe bello lasciare l’albero allo stato naturale, ma siccome è stato dimostrato che sfoltito l’albero produce di più siamo costretti a sfoltirlo e proprio in quest’opera si sono sforzati secondo le loro conoscenze a dare delle forme e della indicazione per mettere chi va ad esercitare la funzione di sfoltire l’albero in grado di fare delle operazioni. Proprio nell’osservare queste opere e leggendo queste indicazioni è scaturita in me l’esigenza di mettere a conoscenza la mia esperienza perché non si può assistere taciti allo scempio e l’estinzione del patrimonio ulivicolo, solo perché non si conoscono metodi di diminuire le spese di coltivazione e mettere in grado di mettere questa cultura di essere competitiva e non ridursi a considerare l’ulivo un albero ornamentale come ebbe l’occasione di affermare l’on. Lattanzio.
Anzi io affermo che se l’ulivo viene messo in condizioni ideali come appresso noteremo potrà fare concorrenza a tutti e siccome l’olio è la produzione più pregiata basta venderlo a prezzo competitivo, io penso che la coltura si estenderà invece di estinguersi.

Posizione delle branche
Fatte quelle osservazioni Precedenti, vediamo in quali posizioni mettere le branche. Abbiamo già detto tutte le parti omogenee agli angoli del quadrato, ora vediamo la posizione di ogni branca e di ogni pendice secondaria e terziaria. Per quanto riguarda le branche man mano che si allontanano dal primo e dal secondo uno due devono assumere una posizione di inclinazione verso l’esterno di 45° preferibile di meno ma non di più anzi per i primi anni potranno essere messi a 40° per poi farle assumere la posizione definitiva. Si nota bene che quanto più le branche si inclinano più spreco di energia avviene. Questo potrete notarlo osservando una branca troppo inclinata a 70-80° e un lato a 20-30° voi noterete su quelle branche inclinato a 80° molti succhioni e quello con 20-20° pochi o quasi niente. Per quanto poi riguarda le pendici primarie, secondarie e terziarie bisogna metterli in posizione orizzontale mai in posizione verticale come si usa fare, e voi potete osservare per esperienza una pendice in posizione orizzontale e una in verticale.
Voi noterete che su quella orizzontale pochi succhioni e su quella verticale moti succhioni.
Ebbene se si va a fare una analisi di quel che io chiamo spreco di energie io affermo che almeno un quinto dell’energia dell’albero viene sprecato dallo stesso per produrre legno e non olive. Questa percentuale aumenta nella sfondamento della frasca usando il metodo convenzionale che usano la stragrande maggioranza dei potatori. Ho visto nel barese alberi senza chiome e con tutte le branche pendici che scendono verticalmente con tre quattro metri di tronco ciascuna, questo non può essere una forma di puta accettabile. Chi vi scrive queste cose esercita il suo mestiere in provincia di Foggia precisamente a San Ferdinando di Puglia. Anche qui usano quella formula ma non accentuata come quella in provincia di Bari.
La forma giusta secondo me, è sempre seguendo e rispettando la funzione della linfa almeno a metà e cioè nella posizione orizzontale, cosi facendo l’albero viene castigato a metà e non per intero, nel sfoltire la frasca e nel fare gli ultimi uno due bisogna eliminare la frasca sottostante che è quella che è venuta carica di ulive e rimanere la parte al di sopra che sono tutti ramoscelli di un anno che porteranno le ulive l’anno appresso. Ci sono potatori che la pensano diversamente, tagliano la parte di sopra e obbligano l’albero andare all’ingiù.
Vorrei inoltre precisare che la sfoltitura della frasca va fatta in maniera che entra il sole da per tutto. Un motto dell’ulivo dice che lui va trovando 5 esse: solo, sole, sassi, sodo, scura. A questo proposito per ovviare ad un consueto errore che fanno i potatori e olivicoltori di lasciare troppo fitta la frasca, per avere dall’albero il massimo. Si può allargare al massimo il giro delle branche pendici che formano la base del vaso, così facendo allargando il giro di 1 metro o di 2 immaginate quanta frasca in più si può mettere, non solo, ma questo serve per ingrandire l’albero e fargli assumere la forma caratteristica naturale di una campana, sotto larga e sopra stretta. Cosa che non si nota in tutti gli alberi potati della Puglia e altrove, formano la forma all’inverso, largo sopra e stretto sotto, creando un albero scomodo da potare e da raccogliere. Così facendo si ha un altro inconveniente, mettendo la parte sottostante dell’albero a non ricevere luce, perché ombreggiata da quella superiore. Invece allargando la base si ha la possibilità di allargare quelle branche più sopra, avendo la possibilità di allargare la sfoltitura della frasca, facendo ricevere più luce. Con lo stesso procedimento trattato col vaso policonico si può costruire un moderno impianto con un sesto di 4x4 a “ipsilon”, 4 metri da un albero all’altro e 4 metri da un filo all’altro, l’ ”ipsilon” deve essere messo nella posizione da un filo all’altro, in modo da tenere 4 metri di spazio per poter mettere le branche pendici, perché le due pendici dell’albero potranno occupare 2 metri ognuna, le chiome dell’ ”ipsilon” devono essere messe alla stessa inclinazione del vaso policonico, come pure le branche pendici in posizione orizzontale e all’altezza di 2 metri e mezzo, che devono passare i mezzi per la coltivazione. I filari devono avere una posizione da ovest a est e da nord a sud da un albero all’altro. (vedi figura).
Con questa posizione si potrà sfruttare più luce dando la possibilità agli alberi di non ombreggiarsi l’un l’altro. Un impianto di questo tipo in pochi anni può dare un reddito soddisfacente, e se usato un metodo di sfoltire l’albero razionalmente si hanno raccolti tutti gli anni. Con questo metodo si abolisce l’alternanza del raccolto.

Come abolire l’alternanza del raccolto
Come dicevo prima, è abitudine e consuetudine che quando è l’anno della piena lasciano l’albero quasi senza essere potato, così facendo, si mette l’albero nella condizione di esaurire tutte le sue energie, tanto che l’anno successivo, non essendosi ricostituita nessuna gemma a frutto, viene completamente vuoto, dando la sua energia di un anno a ricostituire getti e gemme a frutto per l’anno successivo.
Così facendo l’albero ha perso la possibilità di un anno in cui poteva nutrire olive. Pochi hanno intuito e sperimentato che sfoltendo la frasca in modo molto chiaro si abolisce l’alternanza e non è vero che lasciando molta frasca l’albero porta più olive. Ammesso e non concesso che per l’anno della piena porta qualche decina o ventina di chili in più, l’anno dopo nulla. Se si va a sperimentare si noterà che sfoltendo la frasca in modo razionale l’albero si carica sempre al massimo delle sue capacità produttive perché vicino ad un grappolo se ne possono mettere da 1 a 12-13 olive. Allora si può immaginare che anche rimanendo un gettito invece di 10 il risultato può essere uguale come numero di olive, però siccome l’albero nutre un solo getto e non 10 il risultato è migliore. Questo risultato si nota in tutta la coltura, perché se si vuole mettere questa coltura in condizione redditizia bisogna adattare parecchi accorgimenti, come vedremo, e anche l’alternanza non dipende solo dalla sfoltitura della frasca, ma bisogna cominciare da questa. Quando l’albero viene sfoltito in modo da far crescere olive e nuovi getti e aiutando l’albero nel periodo di maggiore impegno con concimazioni razionali, si avranno raccolti tutti gli anni. Io ho provato questa esperienza, anch’io prima potavo con molta frasca e mi contentavo di raccogliere un anno si e uno no, ma siccome sono uno che vuol mettere la mano nel costato, ho notato che lo stesso albero in due annate, quella della piena e quella della vuota, mi dava 1 Q e 20 di olive, invece sfoltendo in maniera adeguata ho avuto 2 Q nei due anni.
Un altro accorgimento valido per abolire l’alternanza è la puta anticipata, che è rappresentata da una spollonatura prima dell’invaiatura, e la puta appena dopo la raccolta delle olive, non aspettare che l’albero si parte, poiché dopo si staccheranno tutte le correnti, e l’albero per poterle raddrizzare avrà bisogno di un mese e mezzo, intanto arriva la fioritura e poi la fruttificazione, in questo periodo l’albero da tutta la sua energia alla fioritura ed alla allegagione dei frutticini. Siccome sono state staccate parecchie correnti l’albero viene indebolito, non facendo crescere nessun gettito a frutto per l’anno a venire. Questo si nota più evidentemente quando l’albero viene potato in piena fioritura. Invece se si pota quando l’albero è a riposo si riscontra una partenza veloce. A questo punto ci viene da fare un interrogativo: perché avviene questo? Secondo me, è semplice, noi sappiamo che ad ogni getto corrisponde una radice capillare, staccando una parte aerea, noi provochiamo una interruzione di un circuito, finchè questo circuito si riprende ci vuole molto tempo, non solo, ma si perde una parte di radici capillari, un’altra parte non confluisce nella parte che non è stata staccata e che è stata preferita dal potatore, questo si può notare con maggiore evidenza quando si fa un taglio di una certa consistenza, si nota che subito al di sotto di questo taglio vengono fuori dei getti, i quali servono, appunto, per chiudere il circuito interrotto dal taglio. Però una parte viene ripristinata e questa parte viene anche condizionata dalla posizione dove viene fatto il taglio (sempre ribadendo quel concetto di rispettare la funzione che fa la linfa, se il taglio viene fatto obbligando la pianta ad andare all’ingiù è evidente che la parte che si ripristinerà sarà inferiore a quella che sarà rimasta all’insù). Per precisare, il taglio con la faccia rivolta al sole, la metà del suo diametro è della sua vigoria si perde. Invece, il taglio con la faccia rivolta a terra, o quasi, si perde ¼ di vigoria, per questa ragione fondamentale, la puta va fatta nel periodo di riposo e facendo tagli alla parte che è stata obbligata dal frutto all’ingiù e rimanendo la parte al di sopra cresciuta nell’anno. Precisato questo concetto, proseguiamo per il problema dell’alternanza. Dopo accenneremo ancora a questo concetto.
Nella fase di ricostituzione dei vecchi alberi dunque: potato l’albero, come abbiamo detto, non dilungandosi oltre gennaio, tutta la ramaglia tagliata si toglie il grosso della legna e il resto va lasciato sotto l’albero per un periodo di tempo, fino alla prima quindicina di marzo, poi insieme all’erba cresciuta, spargendo 2-3 kg di solfato ammonico va fresata, con una o due fresature si avrà fatto la sostanza organica per l’anno successivo. A marzo, cioè quando si partono gli alberi, si può concimare con prevalenza di azoto, ripetere la concimazione appena dopo la sfioritura per l’allegagione, prima dell’invaiatura spollonare. Sotto il ciocco non far crescere polloni da farli diventare grossi, possibilmente tagliarli 2-3 volte quando sono piccoli, mentre si fa questa operazione si guarda anche ad eventuali focolai di carie e liberare le correnti come vedremo.
Dopo questa operazione si consiglia una concimazione a base di potassio, e fresare i polloni tagliati, mai bruciarli, e se c’è acqua irrigare molto spesso, certamente a questo bisogna abbinare i trattamenti contro i parassiti vegetali e fungini, bisogna anche dire che a questo problema dell’alternanza va posto maggiore attenzione e ricerca per migliorare ancora quello che non si conosce. E per poter intervenire a momenti opportuni per agevolare la pianta nei momenti di punta e maggiore impegno, per non farla esaurire. Perché questo è il problema che fa venire l’alternanza, l’esaurimento. Io penso che in questo problema si può intervenire con tanti accorgimenti che possono essere conosciuti e messi a disposizione delle piante.

Carie o lupa

La carie o lupa, come si vuol chiamare, è una malattia fungina dell’ulivo, che attacca le parti verdi della impalcatura dell’albero, come accennavo prima, questa malattia è provocata da residui di terra e squame di corteccia e batteri chiusi ermeticamente all’interno della struttura dell’albero. Di fatto quando si provocano tagli all’albero, questi tagli per metà del loro diametro si perdono e si disidratano provocando spaccature. All’interno delle stesse entra acqua trasportando all’interno terreno e squame di corteccia contenente batteri fungini, nel ciocco, invece, tali terre e squame vengono racchiuse da due ovuli o correnti ermeticamente, provocando carie.
Il fatto di cosa avviene non lo so, ma so che se questi due correnti non si chiudono ed entra acqua e terra a contatto con la corteccia, questa emette radici e non carie, perciò indicavo un porta innesto che è privo di ovuli, o quasi inesistenti, e queste caratteristiche genetiche resistono e si notano osservando vecchi alberi.

Come si nota un attacco di carie
Le correnti dell’albero ogni anno rinnovano la corteccia, cioè, la parte esterna, tanto che ad occhio nudo si vede che ogni anno un sottilissimo strato di corteccia viene eliminato sotto forma di epidermide formando quelle che ho chiamato squame, sotto questo sottile strato di corteccia fuoriesce un altro sottile strato di colore più verde, e questo sta a dimostrare che la corteccia si è rinnovata, cioè è cresciuta. Quando avvengono attacchi di carie, i quali avvengono tra due correnti, tra l’una e l’altra corrente si creano delle conche e dei canali specie al ciocco, significa che in questi punti la corteccia non si è rinnovata e assuma un colore nero, può dipendere o da una corrente interrotta da un taglio o da un attacco di carie (vedi foto).
Attacco di carie che si vede ad occhio nudo.

quando in queste conche si chiudono ermeticamente squame e terra si crea carie, la corrente attaccata non si rinnova più, e questo avviene ai margini delle due correnti. Le quali sono costituite da due radici, l’attacco non avviene in eguale misura alle due correnti, ma in misura dove il male si sviluppa. La corrente più attaccata a quel punto un po’ sotto e un po’ sopra si creano dei canali, perché la corrente a quel punto non si è rinnovata. Questo fenomeno si nota guardando il ciocco e tutta la sua struttura dell’impalcatura. Si notano canali, conche dappertutto. Ora guardando in questi canali e in queste conche, e guardando in generale la struttura dell’impalcatura si nota dove non è avvenuto il rinnovo della corteccia, cioè, l’epidermide non è stato eliminato, e allora con la punta dell’accetta si screpola la corteccia senza arrecare tanto danno alle correnti, basta vedere tra corteccia e legno il cambio se risulta di un colore rossiccio. Significa, che quella corrente è stata attaccata da carie, e allora vedere un po’ più sotto o un po’ più su l’attacco. Non aspettare che l’attacco si aggravi da far defogliare l’albero, a quel punto significa perdere due anni di raccolto, quando l’albero è defogliato è più facile trovare la carie dove è stato attaccato l’albero. Basta seguire la corrente che porta la linfa a quella branca e si noterà nel corso della stessa un punto dove non si è rinnovata la corteccia, e allora, sempre con la punta dell’accetta sollevare la corteccia, dove si vede quel colore rossiccio al livello del cambio vedere un po’ più sotto o un po’ più su per notare l’attacco. Con questo metodo è facile trovare la carie, e quando l’operaio lo applicherà sarà capace di vederlo senza usare l’accetta, come faccio io, che la maggior parte degli attacchi li noto guardando la struttura dell’albero. Inoltre con questo metodo non si rischia di lasciare la carie vicino l’albero senza essere notata, specialmente quando l’albero è defogliato e l’operaio diventerà conoscitore del corso delle correnti, che è facile notare, basta seguire quei canali che ho accennato, e le spaccature del rinnovo della corteccia, si noterà qual è la corrente attaccata. Un altro accorgimento che ho notato per vedere l’attacco di carie mi è venuto per caso: nel mese di settembre quando le olive cominciano a maturare e l’albero ha qualche attacco di carie le olive cadono a terra. Questo problema di cercare la carie è stato il problema che più mi ha impegnato per perfezionare questa ricerca. Ho letto e sentito parecchie fesserie su questo argomento, dal dottor Raffaele Pastore ed altri che indicavano che per cercare la carie bisognava andare a tendoni, battendo il tronco dove si sentiva un suono vuoto, bisognava osservare. Poi altre più grosse fesserie da far ritenere il problema così grave da rinunciare a curare l’albero. Penso che questi hanno scritto per sentito dire, come io ho sentito dire altre fesserie, come per esempio che se l’albero era defogliato la chioma, la carie doveva cercarsi nel ciocco, se invece era defogliata un branca pendice si doveva cercare sopra nel tronco, il guaio è che ancora adesso si insiste a sostenere tali cose, da potatori che esercitano il mestiere. Più grave ancora è di come hanno impostato il problema di eseguire l’operazione per togliere la carie.

Come togliere la carie
Certo, stare a sentire il dr. Raffaele Pastore, che parla di operai coscienziosi e di altri che dicono che per asportare la carie bisogna operare tagliando alle volte legname vivo e di come si usa attualmente ancora, che per fare questa operazioni si tagliano parecchie correnti arrecando all’albero danno e non beneficio. Invece il problema è di una semplicità da non destare eccessiva preoccupazione. Quando si è notato l’attacco basta operare liberando le correnti e cioè tagliare solo la parte rossiccia attaccata, facendo uscire la carie in modo da dare aria e far asciugare quella carie che sta all’interno, e basta senza tagliare del vivo.
Questa operazione va fatta con l’accetta. Se si possiede una motosega, basta con la lama fare un foro per dare aria e liberare le correnti ai margini della corteccia.

Ricostituzione di branche e alberi malandati
Anche questo problema di ricostituzione può rappresentare una difesa preventiva per la carie. Se questa operazione non fosse necessaria, sarebbe meglio. Ecco perché dicevo innanzi che bisogna fare attenzione a creare un albero comodo da non destare preoccupazione di ricostituirlo, perché un tronco sano non fa entrare acqua e terreno all’interno. Ma purtroppo esistono parecchi vecchi alberi costruiti male che richiedono ricostituzione. E’ in questa opera che bisogna prestare attenzione in modo di arrecare meno danno possibile all’albero.
Sempre tenendo presente quel principio della funzione della linfa e della pianta che vuole andare sempre all’insù, se si osserva vecchi alberi ricostituiti si notano dei gravi errori fatti da vecchie ed ancora attuali abitudini, ovvero di lasciare il succhione per la ricostituzione. Certo mi rendo conto che quello che sto per dire cozza contro vecchie tradizioni e che deve trovare parecchia resistenza. Le vecchie abitudini sono quelle di lasciare il succhione all’esterno del tronco, provocando tagli con faccia all’interno.
Se notiamo vecchi alberi ricostituiti con tale metodo notiamo che tutte le correnti all’interno sono andate perdute, il tronco all’interno è diventato secco, con conseguenze alle volte anche mortali per l’operatore che ha fatto tale ricostituzione o per il raccoglitore di olive. Perché il succhione messo in quella posizione con l’inclinazione che necessariamente dev’essere data all’esterno non potrà resistere se non passano parecchi anni. Invece, quando si esercita una ricostituzione si deve scegliere prima di tutto un posto dove il taglio viene il più piccolo possibile e all’interno in una posizione che il taglio viene con la faccia all’interno, o quasi, e noi vedremo che quel taglio e quella ricostituzione non si creerà seccume, né all’esterno, né all’interno, con meno probabilità di spaccature e più resistente nel portarlo all’esterno, e se tutte se ricostituzioni che richiede l’albero le facciamo all’interno e per meglio dire a cavallo, al di sopra, noi avremo un tronco senza secco né all’interno né all’esterno.

Quando tagliare il vecchio legno
E’ abitudine che quando si cresce un succhione vi sono quelli che al secondo anno provocano il taglio, vi sono quelli che addirittura prima provocano il taglio e poi aspettano i succhioni da crescere. Questo modo di fare provoca gravissimo danno alle piante. Invece, quando si ricostituisce, il succhione deve assumere una potenza quasi pari alla parte che deve essere tagliata, e a tappe alleggerendo ogni anno un pezzo di branca, dando la possibilità al succhione di prendersi tutte le correnti della branca che viene tagliata. Quando si ricostituisce una branca pendice, lasciare sempre il succhione al di sopra, però non obbligarlo al primo anno, come usano fare, ma lasciandolo libero facendolo crescere, si vedrà che al secondo anno si impiegherà meno tempo a obbligarlo e con risultato che quel succhione l’anno successivo verrà carico di olive. Per ricostituire un albero attaccato da carie che ha distrutto il tronco e che necessariamente bisogna riprenderlo dal ciocco, questa operazione va fatta ripristinando quante più correnti possibili, con un numero di succhioni che può arrivare anche a 4, facendo di ogni succhione una branca. Non lasciare mai un solo succhione come è consuetudine fare, questo comporta la perdita di tutte le altre correnti perché quel succhione rimasto è alimentato da una sola corrente. Questo vale anche quando una gelata ha distrutto tutta la parte aerea dell’albero.

Cambiare varietà
Quando si vuole cambiare varietà ad un oliveto si può farlo benissimo, anche i vecchi uliveti possono essere innestati con risultati soddisfacenti, senza perdere il raccolto.
La procedura può avvenire in due modi: o si alleva il succhione che al secondo o al terzo anno si innesta, oppure direttamente sulle grosse branche. Per facilitare l’attecchimento bisogna fare attenzione ad usare quegli accorgimenti innanzi accennati, e cioè che anche l’innesto va fatto al di sopra delle branche, io chiamo a cavallo.
Per innestare il succhione, va prima obbligato e sulla curva, sempre nella parte superiore va fatto l’innesto. Per la scelta delle marze fare attenzione e scegliere quelle di 3 anni minimo, le gemme da usare devono essere quelle che si vedono gonfie. Il periodo per innestare va da aprile in poi, basta che la corteccia sia della marza che del soggetto da innestare si stacca con facilità. Questo modo di innestare è in uso da noi da parecchio, però la maggior parte nel fare questa operazione che consiste nel aprire la corteccia del soggetto da innestare e introdurvi un pezza di corteccia della marza della qualità preferita. Questa operazione la fanno all’esterno, e la maggior parte delle volte questi innesti non attecchiscono, per quelle ragioni che ho accennato parecchie volte, e cioè la linfa non va all’ingiù. Perchè se a quel posto non è nato nessun succhione non nasce neanche l’innesto, anche se la corteccia dell’innesto attecchisce e rimane verde. Invece se si sceglie un posto dove nascono i succhioni non fallirà nessuna di queste operazioni.

Come innestare
Quando si è scelto il punto, come ho indicato, si pulisce la corteccia se sono alberi grossi da eventuali squame formatesi sulla corteccia, se sono piccole non ce n’è bisogno. Si provocano due tagli orizzontali alla corteccia in modo da tagliare due cm di corteccia orizzontale, poi provocare altri tagli perpendicolari a quelli con un distacco di 2 cm l’uno dall’altro per quando è larga la pezza da mettere. La pezza può avere la lunghezza di due interno di se l’albero è grosso, distaccata la corteccia del soggetto, poi distaccare la pezza dalla marza, introdurla tra la corteccia e il legno del soggetto, fino ad arrivare a pari del taglio orizzontale del soggetto, fare in modo che la corteccia del soggetto copra tutta la pezza. Se l’albero è grosso si possono mettere parecchie pezze, tante quanto è largo il taglio provocato, fatta questa operazione, si prendono le foglie dell’albero e si introducono tra la corteccia del soggetto e la pezza, fare attenzione a non mettere nessuna foglia tra la pezza e il legno. La pezza deve essere coperta tutta da foglie, dopo di che legarlo con fune e fare tanti giri per quanto è lo spessore della ferita provocate, stringere forte da far combaciare bene le pezze. Se sono alberi grossi, inoltre, è meglio introdurvi dei cunei tra la fune e il tronco, dal lato opposto all’operazione, in modo da stringere bene la fune. Dopo un mese slegarlo e con delicatezza togliere le foglie tra la corteccia e la pezza.
Se questa operazione sarà fatta appena l’albero si mette in vegetazione gli innesti fatti si partono nel mese di giugno, se fatti con ritardo bisogna aspettare l’anno successivo alla nuova partenza.

Nuovo metodo di innesto
Il metodo innanzi descritto è un metodo tradizionale di innestare. Io ho apportato una innovazione che fa risparmiare tempo ed è più sicuro e non procura grosse ferite all’albero. Il procedimento è quasi lo stesso, la differenza sta nell’eliminare le foglie, da mettere tra la corteccia e la pezza. Si procede come segue:
Si taglia la pezza, si porta sul tronco al punto scelto, si provoca lo stesso taglio quanto è esattamente la pezza e si toglie la corteccia dal tronco, provocando 4 tagli; si mette la pezza a contatto con il legno, e si copre la pezza con la corteccia tolta dal tronco, infine si lega con fune se l’innesto è provocato su soggetti sottili potrà essere sufficiente la forza dell’uomo per stringerli, se sono soggetti grossi è necessario introdurre dei cunei di legno tra la fune e il tronco dal lato opposto dove si è provocato l’innesto (tutto qui).”Vedi Figura”.
Un’altra innovazione che voglio portare a conoscenza è la seguente: ho creato una pianta con un nuovo sistema nuovo non a conoscenza fino ad oggi. Difatti fino ad oggi si conosce che si può creare una pianta da seme, da talea, da probaggine e in vitro. Non ho usato nessuno di questi sistemi. Il sistema che ho usato si può paragonare alla clonazione di una pianta, perché con tale sistema si possono trasmettere gli stessi geni di una pianta ad un’altra. Il sistema è il seguente: si prende un pezzetto di radice e un pezzetto di parte aerea dello stesso diametro dell’albero che si vuole creare, si fa un innesto a doppio spacco inglese o a spacco comune e si mette sotto terra con la parte aerea fuori come una usuale piantina. Se l’innesto è fatto bene da un risultato del 100%, io ho alberi di dieci anni. “vedi figura”


11/05/2009, 17:20
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