Salve,
vorrei dedicare il mio primo post a un problema di natura legale, forse molto comune.
Ho ereditato un piccolo frutteto di circa 160 mq, con una quindicina di piante di cui solo la metà produttive.
Fu messo a dimora da mio padre una trentina di anni fa, comproprietario del fondo insieme ad altri, ciascuno dei quali titolare di una quota infinitesimale, essendo stato il fondo polverizzato, come spesso succede nel corso delle successioni.
All'epoca nessuno obiettò per la messa a dimora e il frutteto lo ha sempre curato lui, facendosi carico di tutte le spese vive di gestione. Era il classico frutteto fatto per passare il tempo, ricavandone qualche soddisfazione con una raccolta ogni tanto.
Adesso è venuto il mio turno e il "bidone" è passato a me. Ho intenzione di curarlo io e la cosa mi fa piacere.
A conti fatti del terreno sono comproprietario e suppongo che gli altri comproprietari abbiano il diritto di accedervi, benché recintato e benché non mi abbiano mai chiesto una copia della chiave del cancello, né hanno mai spostato una paglia nel frutteto.
Il frutteto, invece, di chi è? E' solo mio (avendolo acquisito da mio padre) oppure gli altri comproprietari possono accampare diritti?
Grazie per chi vorrà orientarmi.

Secondo me, se non ci sono contratti d'affitto, è "di tutti". Ma vediamo che ne pensano gli utenti più ferrati in materia.
Un dato interessante sarebbe forse il numero di anni in cui solo tuo padre ha gestito il fondo da solo.

chissà se non ti puoi avvalere del usucapione

Buongiorno Simone,
gli altri eredi hanno diritto ad avere da colui che coltiva, sia il risarcimento per il mancato godimento della propria quota ereditaria
ed anche la propria quota dei frutti naturali derivanti dalla coltivazione diretta del fondo anche se coltivato solo da uno di questi. In merito vi sono diverse sentenze.

In merito all’usucapione, accennato da Amelanchier, il coerede può usucapirne la proprietà del beni, e diventarne l’unico proprietario, a discapito degli altri coeredi ereditati, purché si comporti pubblicamente come se fosse il proprietario.
Il possesso, in questi termini, deve avere determinate caratteristiche:
deve essere continuato e non interrotto;
deve essere pacifico e pubblico e non acquisito in modo violento o clandestino;
deve essere inequivoco: deve cioè consistere in modo né dubbio né incerto nell’attività corrispondente all’esercizio della proprietà.
Pertanto perché ciò avvenga, egli deve goderne in modo tale che ciò sia inconciliabile con la possibilità che anche gli altri ne godano. Insomma, bisogna dimostrare una inequivoca volontà di possedere il bene come se si fosse l’unico ed esclusivo proprietario e non è sufficiente che gli altri coeredi si astengano volontariamente dall’uso della cosa comune, ma è necessario che tale loro uso sia osteggiato e impedito dal comportamento del possessore, non in modo violento o clandestino, che appunto sottragga, il bene agli altri contitolari.
E’ anche necessario un altro fondamentale requisito per l’usucapione: il decorso del tempo. Devono infatti trascorrere 20 anni durante i quali si protragga la situazione appena descritta. Inoltre il comportamento del possessore che si atteggi a proprietario esclusivo deve essere manifesto, cioè non deve avvenire in modo non clandestino e non vi devono essere interruzioni nel corso del ventennio.
Se nell’arco dei 20 anni riceve una citazione a restituire il bene in questione, oppure , seppur saltuariamente, i coeredi utilizzato il bene liberamente e senza essere ostacolati dal possessore allora l’usucapione non si forma più.
Saluti, Gianni

Correggo: ...cioè non deve avvenire in modo non clandestino....
Leggasi: ...cioè deve avvenire in modo non clandestino....
Scusate l'errore.

Gentile utente, non mi è chiaro una cosa.
Il terreno ove è il frutteto di chi è?
In base a questa risposta, cambiano le opzioni