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Re: Vinitaly 2025 | 6-9 aprile 2025 Verona

01/10/2025, 13:06

VINO, VINITALY.USA: LA CORSA DEL PROSECCO NEGLI USA,
DA ZERO A 500 MLN DI DOLLARI IN 15 ANNI

DA SOLO O MIXATO, SUPERA LO CHAMPAGNE
NEI CONSUMI ANCHE A VALORE

A CHICAGO (5-6 OTTOBRE) LA PRINCIPALE FIERA DEDICATA
AL VINO ITALIANO NEGLI USA


Verona, 1° ottobre 2025. Vale ormai il 31% dei consumi a valore di tutti i vini italiani commercializzati negli Usa, con un indice di penetrazione altissimo in tutte le fasce di età, a partire dai millennials (27%) e dal target femminile (6 user su 10 sono donne). Ed è ormai anche il simbolo dei mixed-wine made in Italy. Sembra non conoscere crisi il matrimonio tra gli americani e il Prosecco, che a 15 anni dalla ridefinizione della piramide produttiva (Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Asolo Docg e Prosecco Doc) ha incrementato il valore del “nuovo” Prosecco a denominazione da zero a oltre 500 milioni di dollari. Un balzo del 178% solo negli ultimi 7 anni, il quadruplo rispetto al tasso di incremento complessivo dei vini made in Italy negli States, come rileva un focus dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly rilasciato oggi in occasione di Vinitaly.USA (Chicago 5 e 6 ottobre), la fiera b2b dedicata al vino made in Italy.

"Non si può dire che in questi anni non ci siano state difficoltà extra-settore – ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini –, dal Covid al calo del potere d’acquisto e dei consumi, fino alla concorrenza con altre categorie di bevande. Ma il Prosecco ha dimostrato una straordinaria capacità di resilienza, rafforzandosi grazie a una strategia di valorizzazione coerente e a investimenti promozionali sempre più efficaci. Lo conferma la presenza a Vinitaly.USA della collettiva della Regione Veneto e di alcune tra le principali realtà delle tre denominazioni. Con questo spirito il Prosecco – e, più in generale, tutte le imprese del made in Italy presenti a Chicago – sono pronte ad affrontare anche la sfida dei dazi. È la prova che, quando l’Italia combina qualità e promozione, può affermarsi come leader globale: lo stesso obiettivo che ci poniamo con Vinitaly.USA per l’insieme delle nostre eccellenze”.

Secondo l’analisi di Vinitaly e Unione italiana vini, la quota del mercato statunitense è per il Prosecco superiore alla media del vino italiano (27% contro 24%) per un controvalore che nel 2024 ha raggiunto i 531 milioni di dollari. Record assoluto, che si rinnova di anno in anno fatta eccezione per la lieve pausa 2020, prima di una ripartenza – nei 4 anni successivi – che ha cumulato un ulteriore balzo a +90%. Un simbolo pop di condivisione e del bere accessibile che – per il responsabile dell’Osservatorio, Carlo Flamini -, vale al consumo 2,9 miliardi di dollari l’anno con prezzi medi di poco inferiori ai 18 dollari alla bottiglia (0,75/l). “In pochi anni – ha detto Flamini – il Prosecco è diventato il vino italiano con l’awareness più alta, a quota 40%. Un dato rilevante, se si considera la giovane età del prodotto e sempre più vicino a un vino simbolo come lo Champagne, che comanda con una notorietà al 52%. Ma dove il vino veneto ha già superato la bollicina francese è nella conversione all’acquisto, con una percentuale al 31% contro il 24% di quello transalpino”.

La conferma del sorpasso al punto vendita arriva poi da SipSource: secondo la piattaforma dei distributori americani, il Prosecco è passato in testa non solo nei volumi ma anche nel valore al consumo delle bollicine negli States. Nei primi 7 mesi di quest’anno, infatti, lo sparkling italiano ha fissato la propria quota di mercato sul totale della tipologia al 30%, contro il 28% dello Champagne. Segmentando la spesa per divisions statunitensi, persistono ampi margini di crescita nell’area negli Stati del West e dell’East North Central. Alta invece la densità di user in tutta la dorsale orientale: dal New England al Mid e South Atlantic, aree queste dove si concentra oltre la metà dei consumi totali. Il Prosecco rappresenta a valore l’87% delle vendite di spumanti italiani negli Usa e il 25% rispetto al totale del vino italiano. Ma al tempo stesso intercetta i trend della mixology, con una quota altissima della presenza tra i cocktail. Secondo Iwsr, infatti, al calice da vino si aggiungono diversi formati, dai ready to drink ai cocktail fatti al momento, dallo spritz al mix con succo di frutta, particolarmente apprezzato da donne e GenZ.

La sfida attuale, oltre a quella dei dazi, è quella multietnica. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base Iwsr, è ancora alta rispetto a bevande competitor - come cocktail, hard seltzer e ready to drink - la quota dei consumatori tradizionali (caucasici) l’obiettivo è riuscire a penetrare anche tra le comunità sempre più rilevanti anche a livello demografico.

A Vinitaly.USA (Chicago, 5 e 6 ottobre) saranno presenti 250 espositori tra cantine e consorzi, per un fatturato aggregato di oltre 7,2 miliardi di euro. Le presenze attese di importatori e buyer risultano in linea con i dati registrati nell’edizione 2024 di Vinitaly.USA, confermando l’attrattività e la continuità dell’evento per la domanda di vino italiano sul mercato statunitense. In programma, in contemporanea, anche wine2wine Vinitaly Business Forum e i corsi di formazione della VIA - Vinitaly International Academy, oltre a sessioni specifiche di Vinitaly Tourism e l’Oil Bar di SOLExpo.

Re: Vinitaly 2025 | 6-9 aprile 2025 Verona

06/10/2025, 12:37

VINITALY.USA, VINO ASSET STRATEGICO ANCHE PER L’ECONOMIA AMERICANA, CON RICAVI DA OLTRE 10 MILIARDI DI DOLLARI L’ANNO

A CHICAGO I PROTAGONISTI DEL WINE BUSINESS PER DISCUTERE SFIDE E OPPORTUNITÀ DEL MERCATO

Chicago, 6 ottobre 2025 – Un sorso di italianità, il testimone di un legame umano e culturale celebrato a tavola, ma anche un asset economico per entrambe le sponde dell’Atlantico, alla prova dei dazi al 15% in vigore da agosto. È uno dei temi chiave di oggi a Vinitaly.Usa nel corso del wine2wine Business Forum, in presenza delle istituzioni italiane, delle imprese tricolori del vino ma anche del trade americano che si oppone alle nuove tariffe, a partire dai distributori Usa della Wswa fino alla U.S. Wine Trade Alliance.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, se è vero che le imprese italiane registrano un fatturato annuo di oltre 2,2 miliardi di dollari dalle vendite oltreoceano, per i partner commerciali Usa il bottino sale a più di 10 miliardi di dollari.

«Il vino italiano non è solo un simbolo di eccellenza enogastronomica, ma anche un pilastro economico nei rapporti tra Italia e Stati Uniti – spiega il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo –. È forti di questa consapevolezza che abbiamo deciso di puntare su una piattaforma come Vinitaly.USA, pensata per mettere al centro business, dialogo e confronto per proteggere e rilanciare questo patrimonio in un contesto di mercato e commerciale difficile”. Una vetrina, quella di Chicago, che per la seconda edizione (5-6 ottobre), chiama a raccolta i protagonisti del wine business al Navy Pier della città del vento per una due giorni che integra b2b oltre ad aggiornamento e formazione con wine2wine, il Vinitaly Forum dedicato a consumatori, canali distributivi e competenze per affrontare le trasformazioni del mercato globale».

Secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly (base Sipsource), nonostante la gran parte dei consumi di vino negli Stati Uniti sia rappresentata da prodotti domestici (pari al 70% dei volumi consumati), le etichette italiane si posizionano al primo posto tra le bottiglie estere stappate con una quota di mercato pari al 38%, seguite a distanza dai vini australiani, neozelandesi, francesi e cileni. Ma questo primato tricolore non produce fatturato solo in Italia. Ogni dollaro speso in vino italiano ed europeo, infatti, genera 4,5 dollari di valore per l’economia statunitense.
Un effetto moltiplicatore che testimonia la profondità di un legame costruito in oltre 50 anni di storia commerciale. Secondo i dati forniti dalla piattaforma internazionale per la ricerca di importatori e distributori di vino Vinaty, attualmente negli Stati Uniti operano oltre 1.000 aziende registrate come importatori di vino, molte delle quali impegnate nell’importazione di vini italiani ed europei. A queste si aggiungono altrettanti distributori e grossisti, oltre a 2.000 rivenditori. Sul fronte della ristorazione, la sola industria di ristoranti italiani negli Usa vale, secondo IBISWorld, 95 miliardi di dollari l'anno e conta oltre 62 mila imprese.

E i vini italiani sono decisivi anche per l’economia di tutti i ristoranti degli Stati Uniti, sia in termini di presenza che di apprezzamento da parte dei consumatori. Per fare alcuni esempi, il Prosecco, oggi il prodotto di punta per il made in Italy enologico, è presente nel 41% dei menu americani (analisi di Italian Wine Podcast in collaborazione con Somm.ai), ma anche i rossi toscani sono molto richiesti. Nel 2024 le importazioni di vino italiano dagli Stati Uniti hanno sfiorato quota 2,3 miliardi di dollari, con 354 milioni di litri venduti, l’equivalente di oltre 470 milioni di bottiglie da 0,75 litri. Numeri che fanno della piazza statunitense il primo mercato di sbocco per l’ecosistema del vino italiano (530mila aziende e 800mila addetti), con una quota a valore pari al 24% sull’export totale tricolore.

Secondo il “2025 Economic Impact Report” di Wine America, infine, l’impatto annuale (diretto, indiretto e indotto) del vino negli Stati Uniti è di 144,4 miliardi di dollari, di questi – stando alla stima elaborata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly – quasi 19 miliardi di dollari sono generati dal vino italiano.
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