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Suini, boschi e pubblicazioni.. 
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Iscritto il: 18/04/2010, 20:14
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Ciao Macondo, condivido almeno in parte la tua sorte di PrecaRicercatore, ma tra i più significativi risultati prodotti dalla ex-dimensione di dottorando, ho potuto vivere due splendide esperienze in Spagna, e proprio lì è stata prodotta la migliore bibliografia sul tema.
La lingua è sufficientemente alla portata, e le parole chiave:
Cerdo - Montanera - Bellota...
dovrebbero già fornirti un pò di siti e dati; inoltre la www.dialnet.es rappresenta un pò la loro elsiever.
Buon Lavoro ed a presto.

Ps: mi occupo esclusivamente di suini ed in particolare di razze autoctone(+ Apulo-calabrese), ho pubblicato su argomenti paralleli a quello da te attenzionato, al 6° suimed ed al c. ASPA2009, ma non dispongo di una bacheca on-line, i pdf in inglese posso inviarteli via e-mail.


18/04/2010, 22:12
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Luca,
giustissimo, anche se la realtà spagnola è ben diversa da quella italiana.
I boschi sono molto diversi (n° piante/ha, disponibilità di ghianda, epoche di pascolo...), la gestione degli animali anche (restrizione alimentare pre-pascolo su ghianda), con ricadute anche sulla ben distante qualità della carne (influenza dell'alimentazione sulla qualità di carni e grasso, indirizzi produttivi, ...).
"Rubare" qualche idea sì, ma riproporre gli schemi gestionali e aspettarsi risultati simili no: la Cinta ne è un palese esempio!
Jacopo

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Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità.
Vandana Shiva


19/04/2010, 7:11
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Ciao Jacopo, ciao Carlo, potreste riprendere ampliando termini e concetti !?!
Jacopo per chi non conosce l'habitat e la struttura dell'allevamento Brado/Semibrado Spagnolo, puoi dare un quadro, sintetico ma globale per capire il tuo pensiero, quando dici: "I boschi sono molto diversi (n° piante/ha, disponibilità di ghianda, epoche di pascolo...), la gestione degli animali anche (restrizione alimentare pre-pascolo su ghianda), con ricadute anche sulla ben distante qualità della carne (influenza dell'alimentazione sulla qualità di carni e grasso, indirizzi produttivi, ...).
"Rubare" qualche idea sì, ma riproporre gli schemi gestionali e aspettarsi risultati simili no: la Cinta ne è un palese esempio!"

Più tardi, rispondo alla Tua domannda... ma!!! non ne hai una di "riserva"...

Carlo, puoi cortesemente darci informazioni su: " mi occupo esclusivamente di suini ed in particolare di razze autoctone (+ Apulo-calabrese, ed eventualmente postare qualche foto.
ciao e Grazie, mariofrancesco

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Wendell Berry un contadino del Kentucky, poeta e intellettuale, diceva “ Se mangio carne voglio che venga da un animale che ha vissuto una bella vita all’aperto, senza affollamenti, su pascoli abbondanti, con acqua buona e alberi per ombra”…


19/04/2010, 8:27
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A differenza di ciò che avviene in Spagna, le zone di allevamento dei suini Toscani si presentano più fragili e complesse della Dehesa spagnola (vedi figura), una vasta zona ricca di boschi, ma anche di leguminose e graminacee spontanee. Tale area risulta infatti essere da tempo in equilibrio stabile con l’allevamento suino, mentre in Toscana tale tipo di convivenza è in fase di recupero solo da pochi anni. In Spagna, inoltre, a fianco di essenze del genere Quercus, sono presenti molti castagni, le cui produzioni, in eccesso rispetto al consumo umano, sono opportunamente utilizzate per i suini con ricadute positive sulle qualità chimico-organolettiche dei prodotti.
Bisogna però aggiungere che recenti ricerche hanno messo in evidenza un vero e proprio cambiamento anche nell’allevamento del suino Iberico a causa dell’aumento della richiesta da parte dei consumatori dei prodotti da questo derivati: il ciclo produttivo tende ad accorciarsi (da 23-24 mesi fino a 10-12), l’alimentazione è sempre più basata su cereali e vi sono meno zone per il pascolo degli animali, scollegando sempre più l’allevamento dal suo territorio originale e ponendo severe problematiche di ordine ecologico e morale. Inoltre sembra che il sistema “Dehesa”, inteso come complesso animale-territorio, non permetta il giusto tasso di rigenerazione delle specie quercine, se non ancora per poche centinaia di anni, sottolineando come l’attuale conduzione dell’attività di pascolamento non sia compatibile con la sopravvivenza di questo ecosistema, caratterizzato da un progressivo invecchiamento delle specie presenti e da un graduale prevalere del pascolo erbaceo sulle specie arboree.
Nella realtà toscana, inoltre, la limitata estensione della superficie boschiva fa sì che l’attività pascolativa dei suini si rivolga frequentemente verso soluzioni alternative al bosco, come, per esempio, il pascolo erbaceo. Ciò avviene infatti ormai da molti anni in Francia, Inghilterra e in altri Paesi del Nord Europa. Anche in Italia, originariamente, i suini utilizzavano il bosco nelle zone collinari o montane, ricche di querceti e castagneti, mentre nel resto della provincia l’allevamento si basava su pascolo erbaceo. Per di più, nonostante attualmente in Italia la tracciabilità delle produzioni agricole venga assicurata attraverso l’etichettatura che le accompagna lungo tutta la filiera, nel settore zootecnico esistono comunque dei punti critici nei quali i collegamenti indispensabili per tale tracciabilità rischiano di venire a mancare. Il problema si pone in particolare per quelle produzioni che prevedono il frazionamento dalla massa (come per esempio la sezionatura delle carcasse animali), il cambiamento delle figure operative e tutti quei processi di trasformazione che modificano sostanzialmente l’identità iniziale della materia prima, come avviene per gli insaccati.
Jacopo


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Vandana Shiva
19/04/2010, 15:35
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Ciao Jacopo&Orione, la mia proposta non si riferiva certo a furti e saccheggiamenti relativi a protocolli e ricerche iberiche, ma obiettivamente, ho potuto verificare quanto anche per ciò che riguarda la ricerca, i vicini spagnoli non si perdano in chiacchiere, ed attuino sperimentazioni assolutamente pertinenti con gli sviluppi del settore. Effettivamente le prospettive pascolative non sono assolutamente sovrapponibili, ma non era ciò che stavo proponendo, certo è invece che se si ragiona per singole linee sperimentali, nella loro bibliografia rintracci chiari e completi protocolli ed esiti produttivi, evenienza che purtroppo non riscontro nel nostro bel Paese.
La mia esperienza - oggi - si limita alle 2 razze autoctone dell'areale sud-appenninico, Apulo-calabrese e Siciliano(anche se sta nascendo una collaborazione con la mora romagnola"di Dacci"); entrambe gestite in siti collinari o pedo-montani, ed anche per noi l'integrazione a base di castagna rappresenta percentuali solo di poco, inferiori a quelle relative alla ghianda.
L'esempio della Dehesa(HABITAT ARTIFICIALMENTE PRODOTTO DALL'UOMO!!!...pensa fino a che punto arriva la caparbia pianificazione/speculazione iberica!), può però fornirti una misura della capacità di metabolizzare - da parte della specie suina - quel formidabile coktail di acidi grassi fornito dalla ghianda.
Di fatto, sono un libero professionista(Med. Vet.), dedito alla ricerca anche per passione e solo in quanto strumento(la ricerca appunto), fondamentale per un settore che ha tanto ancora su cui indagare; 2 delle aziende che gestisco(da un punto di vista sanitario e zootecnico), posseggono un totale di 217 scrofe di Ap-calabrese, e spero possa rappresentare,in prossimo futuro, una base di confronto anche con le vostre realtà.
Nei prossimi giorni, parteciperò ad un meeting organizzato dall'Anas(non potrò rispondere...), e se otterrò risposta alle annose questioni relative alla gestione delle autoctone italiane(per esempio l'Anas non basta più da sola, a gestire le 1000 necessità di un settore in così forte espansione!), sarò ben lieto di comunicarvele tempestivamente.
Un affettuso saluto.


19/04/2010, 22:14
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Luca,
sono d'accordo con te.
Quello che dicevo è che a volte i protocolli "riproposti" e scopiazzati non hanno gli esiti sperati.
Vedi il caso della Cinta Senese: fare la rintracciabilità in base all'alimentazione è impossibile; cosa che invece lo è per il Cerdo Iberico. Vengono differenziate tre categorie di prodotti stagionati (bellota, recebo e pienso) in funzione dell’alimentazione fornita agli animali nella fase di ingrasso: rispettivamente bosco con ghianda, ghianda e cereali, solo cereali. Dall’alimentazione con ghianda e pascolo erbaceo si raggiungono elevati livelli di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), soprattutto di acido oleico (50-60%) e scarsi valori di acidi grassi saturi (SFA) e polinsaturi (PUFA), con circa 8-10% di acido linoleico (LA). Tali pratiche determinano anche il valore economico decrescente di questi prodotti sul mercato: al momento della macellazione il pagamento della carne viene fatto in base alla percentuale dei principali acidi grassi della componente lipidica (oleico, palmitico, stearico e LA). I soggetti alimentati, quindi, con ghiande otterranno unelevato deposito di tali componenti, con ricadute positive anche su consistenza, colore e aromi dei prodotti trasformati. Per questo nella realtà spagnola sono state condotte ricerche volte all’individuazione di metodologie di indagine che consentano la caratterizzazione del grasso - e quindi la rintracciabilità del prodotto - in funzione delle condizioni di alimentazione e di allevamento dell’animale.
Si è provato a fare lo stesso sulla Cinta, ma le differenze non sono apparse così marcate come nel Cerdo Iberico, quindi non standardizzabili.
Jacopo

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Vandana Shiva


20/04/2010, 7:12
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