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CURIOSITA' CASEARIE COMMERCIALI. 
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Parmigiano Reggiano, boom per grattugiato e porzionato: lavorato l’8% in più

Scritto il 28 febbraio 2015

Una conferma delle crescita dei consumi complessivi e dell’incidenza che l’obbligo di confezionamento in zona d’origine ha sull’economia territoriale

Se i segnali provenienti dal mercato all’origine del Parmigiano Reggiano continuano a preoccupare allevatori e caseifici per le quotazioni troppo basse, altri dati appartenenti al bilancio della filiera del prodotto appaiono decisamente più positivi.
In base alle certificazioni 2014, i dati relativi alle lavorazioni di grattugiato e porzionato – fasi che avvengono esclusivamente nel comprensorio di produzione – parlano di un autentico “boom”.
Per il grattugiato, infatti, si tratta di 13.713 tonnellate di Parmigiano Reggiano, con un incremento del 9,2% rispetto al 2013.

Il prodotto porzionato (e quindi ordinato in prevalenza dalla Gdo e pronto per la vendita) ammonta a 57.750 tonnellate, con un incremento del 7,7%. Nel complesso, dunque, si tratta di oltre 71.000 tonnellate di prodotto, con incremento dell’8% sul 2013.
Il quantitativo corrisponde a 1,8 milioni di forme lavorate in comprensorio, che rispetto al 2013 sono aumentate di 130.000 unità.

“Se si considera anche il quantitativo di forme lavorate direttamente negli spacci dei caseifici e il prodotto destinato alle industrie del comprensorio per l’uso come ingrediente – osserva il Consorzio di tutela – si valuta in oltre 2 milioni il numero delle forme lavorate nel comprensorio nel 2014. “Questi dati – sottolinea il Consorzio – offrono due indicazioni estremamente importanti. In primo luogo confermano il quadro dei dati provenienti dalle vendite, che per il 2014 hanno segnato, specie nel secondo semestre, segnali di forte ripresa dei consumi non solo all’estero, ma anche in Italia”. “Contemporaneamente – prosegue l’Ente di tutela – a tre anni e mezzo dall’entrata in vigore del nuovo Disciplinare che ha introdotto l’obbligo di porzionatura in zona di origine, si può apprezzare come questo provvedimento, oltre ad elevare la capacità di contrasto alle frodi e contraffazioni, ha portato un nuovo e rilevante volume di attività nel comprensorio di origine, con i conseguenti effetti positivi in termini di Pil e occupazione”.

“La filiera del Parmigiano Reggiano – conclude il Consorzio – si conferma così, a maggior ragione, un elemento decisivo per lo sviluppo economico del territorio”.


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28/02/2015, 21:42
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Ciao a tutti,
forse è già stato detto dal buon Gilberti ma ho letto un interessante articolo su come usare il siero di latte. Lo posto qui perchè più che essere una cosa casalinga è un procedimento industriale che risolve lo smaltimento dell'amianto creando materiali preziosi.

http://www.chemicalcenter.it/wp-content ... ticolo.pdf

Buona lettura.
Skelos.

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Skelos.


02/03/2015, 17:49
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Davvero molto ma molto interessante questo articolo Skelos, anzi questo brevetto scientifico.....

Risolverebbe tante cose...... :D

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02/03/2015, 19:03
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In piazza il popolo del Parmigiano Reggiano: la contraffazione ci uccide

Scritto il 5 marzo 2015

Manifestazione a Bologna con tutti i rappresentanti della filiera. In bella mostra i falsi più clamorosi. Chiuse più di mille stalle

Per la prima volta è sceso in piazza il popolo del Parmigiano Reggiano con una colorata compagine di allevatori, casari, stagionatori, assaggiatori, cuochi, gourmet e tanti consumatori. Tutti in allarme. Tutti a difendere il formaggio italiano più conosciuto nel mondo, a tre anni dal terremoto che ha rovesciato a terra centinaia di migliaia di forme e distrutto stalle, caseifici e magazzini.

Una manifestazione, tra modernità e tradizione, lanciata su twitter con xxxxxxxxxxxxxxxxxx ma che oggi in piazza a Bologna meno virtualmente ha visto realizzare da parte dei casari le forme secondo gli antichi rituali, con caldaie di rame su fuoco di legna ed una vera e propria stalla con vacche rosse, la storica razza da cui è nato il Parmigiano Reggiano.

Con un’antica zangola – riferisce la Coldiretti – è stato invece realizzato il burro, prodotto derivato dal latte del Parmigiano Reggiano, come si faceva un tempo. Sul banco degli imputati in una sorta di galleria degli orrori sono state invece fatte sfilare le molteplici imitazioni del Parmigiano Reggiano scovate dalla Coldiretti nei diversi continenti. Dal falso parmigiano vegano a quello prodotto dalla Comunità xxxxxxx, dal Parmesan vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli Usa al kit che promette di ottenerlo in casa in appena due mesi, ma anche quello in cirillico che si è iniziato a produrre in Russia dopo l’embargo, il Parmesao brasiliano, il reggianito argentino e il Parmesan perfect italiano ma prodotto in Australia.

“Il Parmigiano non si fa in “Wisconsin”, “Fermiamo i furbetti del Parmigiano”, “No Parmigiano no Expo”, “Senza stop al Parmesan niente accordi con gli Usa nel Ttip” o “Senza stalle non si fa il Parmigiano” sono solo alcuni degli slogan dei sostenitori dell’iniziativa. Il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sono i formaggi più presenti sulle tavole degli italiani, la cui produzione sta soffrendo il peso della concorrenza sleale che consente di spacciare nel mondo prodotti di imitazione che non rispettano le rigide norme previste dal disciplinare di produzione.

“Il risultato – continua la Coldiretti – è che dall’inizio della crisi nel 2007 hanno chiuso più di mille stalle per la produzione di latte da destinare al Parmigiano Reggiano e gli abbandoni non sembrano arrestarsi con i compensi riconosciuti agli allevatori al di sotto dei costi. In pericolo – conclude la Coldiretti – c’è un settore che sviluppa un fatturato di 4 miliardi di euro dei quali circa realizzato sui mercati esteri”.

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06/03/2015, 8:18
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Ad un voto corrisponde un prezzo, rivoluzione in punto vendita della Fontina Dop

Scritto il 11 marzo 2015

L’analisi di qualità sulle singole produzioni si trasforma in strumento commerciale. Si chiede di più nel prezzo, ma maggiore equità e trasparenza

Un voto sulla pagella corrisponde a un prezzo: è la rivoluzione commerciale della Fontina Dop, formaggio grasso a pasta semicruda prodotto in Valle d’Aosta. L’analisi di qualità sulle singole produzioni, condotta già da alcuni anni da un gruppo di 15 esperti del Consorzio di tutela, si trasforma ora in strumento di vendita.

“Vogliamo dare al consumatore una misura della qualità della Fontina, giustificando così prezzi diversi sulle singole forme”, spiega xxxxxxxxxxx, presidente della xxxxxxxx, cooperativa che sperimenterà per prima nel proprio centro commerciale di Saint-Pierre (Aosta) questa nuova formula di marketing, condotta in collaborazione con la Cooperativa produttori latte e Fontina.

Il formaggio simbolo della produzione casearia valdostana sarà dunque venduto corredato da una scheda tecnica di degustazione che riporterà le caratteristiche della struttura, del gusto, dell’aspetto visivo e un voto. A partire da 7,5 punti su 10 si può parlare di Fontina Dop di qualità: ad un voto alto corrisponderà un prezzo adeguato. Un prodotto che vale 7,5 punti, per esempio, potrebbe costare 13 o 14 euro al chilo. Ma per le eccellenze la quotazione potrebbe salire anche fino a 18 euro.
“Chiederemo di più al consumatore, in termini di prezzo – spiega ancora xxxxxxx – ma garantiamo la massima trasparenza e un’adeguata remunerazione al produttore”.


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16/03/2015, 22:13
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Consorzio Pecorino Toscano Dop, C. S. è il nuovo presidente

Scritto il 17 marzo 2015 Nessun

Allevatore, amministratore di un caseificio, punta sulla Dop e il legame con il territorio. Oggi il Consorzio riunisce 245 allevatori e 15 caseifici

E’ C. S. il nuovo presidente del Consorzio del Pecorino Toscano Dop. Lo hanno eletto, all’unanimità, i membri del consiglio di amministrazione riunitisi a Grosseto. S. è il quinto presidente della storia trentennale del Consorzio e subentra a G. G., che ha guidato l’ente dal 2000 al 2015.

C. S. è nato a Manciano, il 26 gennaio 1960, da una famiglia di agricoltori con una lunga tradizione di allevamento. Una tradizione portata avanti anche dal neo presidente che, oggi, conduce, insieme alla moglie e al figlio, un allevamento ovino di circa 400 capi. C. diviene amministratore del Caseificio Sociale xxxxxxxx, entrando nel consiglio direttivo già nel 1992 e dall’anno 2001 ne assume la presidenza che ad oggi ancora ricopre. L’impegno sociale che non si limita al Caseificio, passa anche attraverso incarichi in rappresentanza di tutti gli allevatori ovini della Regione Toscana, all’interno del Consorzio di Tutela del Pecorino Toscano Dop.

“Ringrazio tutti i membri del consiglio di amministrazione per la fiducia che mi è stata accordata – afferma S. – che cercherò di ripagare lavorando con il massimo impegno. Sono fiero di questo importante incarico. Il mio obiettivo sarà quello di far aderire il maggior numero di allevatori possibile e anche altri caseifici toscani che al momento non aderiscono a questo consorzio per riuscire a rappresentare tutta la filiera. In questi primi trent’anni di vita il Consorzio ha fatto molto per far crescere questa Dop. Dovremo lavorare ancora molto, consapevoli del fatto che solo la denominazione può dare un futuro alle nostre piccole aziende che si trovano ad agire in un mercato globale. La nostra forza è la qualità e il legame con il territorio. Due aspetti sui quali dovremo puntare per emergere ancora di più e per riuscire a diversificare il nostro prodotto, ampliandone così la diffusione”.

Il Consorzio del Pecorino Toscano Dop nasce il 27 febbraio 1985 proponendo un regolamento per tutte le operazioni che concorrono alla realizzazione di questo formaggio. Il regolamento diventa disciplinare di produzione che, nel 1986, ottiene il riconoscimento Doc dallo Stato Italiano. Nel 1996 il Pecorino Toscano diventa Dop, ottenendo la denominazione di origine protetta dall’Unione Europea. Oggi il Consorzio riunisce 245 allevatori, 15 caseifici, uno stagionatore e un confezionatore. I 15 caseifici soci raccolgono il latte di 867 allevatori, di cui 245 direttamente associati al Consorzio di Tutela del Pecorino Toscano Dop.


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21/03/2015, 21:06
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Export Grana Padano: +4,5%. La Germania si conferma il Paese più ricettivo

Scritto il 20 marzo 2015

Importanti segnali dalla Spagna con un’importazione che sale del 29%. Seguono Gran Bretagna e Francia. E se non ci fosse stato l’embargo russo…

“Nel 2014 le esportazioni di Grana Padano sono cresciute del 4,5% rispetto all’anno precedente. A evidenziarlo sono i dati dell’Istat, secondo i quali il prodotto Dop più consumato del mondo continua a raccogliere successi sul mercato internazionale”.
Lo afferma xxxxxxxxxxxxxxxx, presidente del Consorzio Grana Padano, commentando le notizie diffuse dall’Istat in questi giorni.

Nel 2014 sono state esportate nel mondo 1.588.000 forme di Grana Padano, pari al corrispettivo di 8 milioni di quintali di latte della Pianura padana. La Germania con oltre 350.000 forme si conferma il primo Paese per importazioni di Grana Padano, seguito dalla Svizzera che, con un + 8,5%, raggiunge gli Stati Uniti, in leggera flessione con 136.000 forme.

“Sono numeri importanti – aggiunge xxxxxxxx –, soprattutto se confrontati con la tendenza generale dei settori del lattiero caseario e più in generale dell’agroalimentare. Quest’anno aumenteremo del 30% gli investimenti esteri perché il nostro obiettivo è di continuare a crescere nell’export e ciò anche grazie a Expo 2015, dove saremo molto presenti e attivi con ben 5 postazioni ”.

“L’obiettivo per il 2020 – aggiunge il direttore generale del Consorzio, xxxxxxxxxxxx – è di arrivare a 2 milioni di forme esportate nel mondo, portando oltre il 40% il volume dell’export e garantendo ai caseifici una graduale crescita produttiva annuale così com’è avvenuto negli ultimi 15 anni”.
Tornando ai dati del 2014, va detto che il Paese più positivo nel 2014 è stata la Spagna che, con un più 29%, ha raggiunto le 56.000 forme. Ottimo anche il +9% della Gran Bretagna che, con 113.000 forme, si avvicina alla Francia, comunque quarto, con 125.000 forme. Da segnalare, infine, che l’embargo russo da agosto ha quasi dimezzato l’export di Grana Padano 2014 in Russia, fermandosi a 19.000 forme, ma che nei primi sette mesi segnava un +15%.

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23/03/2015, 21:39
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Pizza Patrimonio dell’Umanità?Solo a patto che ci sia la Mozzarella di Bufala Campana

Scritto il 28 marzo 2015

La Commissione Italiana ha scelto L’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani. La Coldiretti denuncia: “In Italia due pizze su tre non sono…trasparenti”
La pizza napoletana è la candidata italiana per l’ingresso alla Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco, mentre la falconeria va a Parigi come candidata transnazionale. Lo apprende l’Ansa.
Nell’anno di Expo, la Commissione Italiana per l’Unesco, ha così scelto l’L’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani“, simbolo del Made in Italy nel mondo.
Si tratta del primo “step”, spiega il legale xxxxxxxxxx, estensore del dossier di candidatura L’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani, necessario per iniziare il negoziato internazionale che coinvolgerà 163 Stati.
Dal 1° Aprile 2015 al 15 novembre 2016 i valutatori indipendenti dell’Unesco saranno chiamati ad esaminare le due candidature italiane, ed entro novembre 2016 decideranno se riconoscere o meno la pizza e la falconeria come patrimonio dell’umanità. Ad oggi, la lista contiene 6 elementi italiani.
La pizza napoletana, per intenderci, è quella con la Mozzarella di Bufala Campana Dop. La leggenda vuole che nell’Antica Pizzeria xxxxx nel giugno 1889 sia nata la pizza margherita. Nel frattempo, la Coldiretti ha presentato la pizza come simbolo dell’Expo 2015: interamente realizzata con ingredienti napoletani, come la Mozzarella di Bufala Campana, l’extravergine Penisola Sorrentina, il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino e il Pomodorino del piennolo del Vesuvio, tutti a denominazione di origine protetta riconosciuti dall’Unione Europea.
In Italia
“La pizza simbolo dell’Expo – sottolinea Coldiretti – punta alla valorizzazione dell’identità nazionale in una situazione in cui anche in Italia quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, Mozzarelle con latte che chi sa da dove arriva e peggio ancora con il pizza Cheese e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori”.


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29/03/2015, 9:39
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Non vorrei essere polemico, però con la storia della "Terra dei fuochi" non sò quanto possa essere salutare una pizza così.

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Il rugby è stato inventato dai gentlemen per reagire alla moda fin troppo plebea e stradaiola della pedata: però per non restare troppo delusi, converrebbe meglio nascere in Nuova Zelanda.
(Gianni Brera)


29/03/2015, 19:30
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Pecorino Toscano Dop (2), obiettivo esportare il 20% della produzione

Scritto il 26 marzo 2015

Con una quota del 40% gli Stati Uniti detengono la leadership. Non a caso è nato il prodotto certificato Halal, fatto secondo i dettami islamici

Torniamo sul Pecorino Toscano Dop per segnalare che nel 2014 ha esportato per circa 3 milioni di euro, un dato in continua crescita. Nel 2015 l’obiettivo del Consorzio è arrivare a esportare il 20 per cento della produzione totale. Per quel che riguarda il mercato estero al vertice dei Paesi che amano di più il Pecorino Toscano Dop ci sono: gli Stati Uniti d’America, con una quota del 40% delle quantità esportate seguiti dalla Germania con l’11% delle quantità esportate ed il Regno Unito con il 9%. Sempre sul fronte dell’Export, un altro mercato di grande interesse per il Consorzio è quello del Medio Oriente dove si rilevano interessanti prospettive in termini di esportazione e commercializzazione.

Per venire incontro alle esigenze di questo mercato, nel 2013 è nato il primo Pecorino ToscanoDop certificato Halal, prodotto conforme ai precetti islamici. Ad oggi sono due i caseifici in Toscana ad aver conseguito la certificazione, rilasciata dall’Associazione Islamica XXXXXXXXX: il Caseificio Sociale XXXXXXXXX e il Caseificio XXXXXXXXX. Le differenze tra il Pecorino Toscano Dop non certificato Halal e quello certificato Halal non sono da ricercare nella qualità del prodotto ma nel percorso lavorativo, nell’approccio e nella conoscenza dei procedimenti allineati alla religione islamica, a partire dall’utilizzo di prodotti non alcolici per la pulizia degli impianti o dalle indicazioni da riportare in etichetta. Con questa prospettiva sono in via di sviluppo anche percorsi produttivi conformi ai cibi kosher, ovvero a tutti le prescrizioni legate all’alimentazione degli ebrei osservanti. Per allargare la quota di mercato del Pecorino Toscano Dop nei Paesi del Golfo e dall’area dell’Oceano Indiano il Consorzio ha partecipato nel 2014 e nel 2015 alla fiera internazionale Gulfood di Dubai, il più grande salone specializzato in Medio Oriente per l’industria alimentare e delle bevande.

Il trentesimo anno di vita del Consorzio, in linea con la sua mission, sarà anche l’occasione per promuovere ancora di più il Pecorino Toscano a livello internazionale con una serie di eventi e una rinnovata attività di comunicazione in ogni parte del mondo. Da marzo fino al mese di dicembre il Pecorino sarà protagonista negli Usa con circa 50 appuntamenti, tra grandi eventi e fiere promozionali, che vedrà il Pecorino Toscano fare tappa a New York nel mese di giugno al Summer Fancy Food Show e poi in molte altre città degli States. In Europa, invece, Francia, Spagna, Germania, Austria e Polonia saranno i Paesi che accoglieranno e promuoveranno attività finalizzate alla promozione e commercializzazione del Pecorino Toscano Dop. Per quanto riguarda gli eventi nazionali, invece, il Consorzio parteciperà, dal 3 al 6 maggio a Tuttofood, la fiera internazionale che aprirà a Milano in concomitanza con l’Expo. Proprio l’Expo di Milano vedrà il Pecorino Toscano Dop protagonista, a più riprese, insieme alla Regione Toscana nel padiglione istituzionale ed all’Associazione formaggi italiani Dop e Igp (Afidop) all’interno del padiglione di XXXXXXXXXXXXXXXXX.


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